Durante il mese di gennaio la terza ondata potrebbe manifestarsi con uno tsunami di contagi, rischiando di trasformarsi in una strage secondo la Fondazione Gimbe.
La terza ondata ormai sembra data per certa anche nel nostro Paese. A preoccupare maggiormente è la possibilità di andare incontro ad una vera e propria strage nel mese di gennaio, nel periodo in cui la nuova ondata dovrebbe raggiungere il suo picco, in concomitanza con l’influenza.
Secondo Nino Cartabelotta, il presidente della Fondazione Gimbe, che da diversi mesi si occupa del monitoraggio dell’evoluzione della pandemia nel nostro Paese, ci troviamo ancora nella “parte più buia del tunnel”, almeno fino a quando non sarà trovato un vaccino in grado di debellare definitivamente il coronavirus, spiega in un intervista per La Stampa.
Covid, con la terza ondata si rischia una strage
Sebbene la situazione sembri migliorare di giorno in giorno gli esperti si attendono un nuovo tsunami di contagi il prossimo gennaio, dopo le festività natalizie, nonostante le restrizioni imposte con il nuovo DPCM dal governo, in concomitanza con il picco dell’influenza, che potrebbe portare gli ospedali al collasso.
Da Cartabellotta arriva il duro monito: “C’è il rischio di una strage, se invece di chiudere la seconda ondata di Covid, facciamo partire la terza. Bisogna scendere dal plateau della seconda ondata per scongiurare una terza ondata che parta avvantaggiata”.
Per il momento tuttavia le cifre sono ben lontane da quelle della scorsa primavera: nel periodo tra settembre e dicembre sono stati conteggiati circa 22.000 decessi, mentre durante la prima ondata furono quasi 35.000. Attualmente, inoltre, le strutture sanitarie sono state potenziate e questo potrebbe permettere una maggior tenuta del sistema sanitario, facendo abbassare anche il tasso di letalità.
Il nostro Paese tuttavia continua ad avere uno dei numeri più alti di decessi, che proprio oggi ha segnato un nuovo record, superando le 60.000 vittime dall’inizio della pandemia. La cifra tuttavia è spiegabile dal fatto che gli italiani hanno “una grande aspettativa di vita, ma invecchiamo male, spesso con molte patologie, in particolare al centro-sud e le donne”. Inoltre un altro fattore da tenere in considerazione sono le RSA, delle strutture che spesso “hanno problemi organizzativi e di procedure di sicurezza”, precisa Cartabellotta.
Le previsioni per le prossime settimane
Le previsioni per le prossime settimane, in relazione al numero di morti e all’andamento del virus, non sono delle migliori precisa il presidente della Fondazione Gimbe. Secondo Cartabellotta infatti, dobbiamo aspettarci almeno altri 15.000 morti entro la fine del 2020, “considerando gli 800mila positivi attuali”.
Ad aumentare maggiormente il rischio, oltre alle festività natalizie, è il fatto che ormai quasi tutta l’Italia si stia dirigendo verso la zona gialla: “L’Italia tutta gialla è un grande rischio dovuto più al desiderio politico che alla realtà epidemiologica”.
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