I flussi bancari corporate mostrano trend vitali ma solo in Germania e Francia. Mentre l’inflazione Ue vola e si combina con prezzi alla produzione che già bruciano i margini. Autumn (bad) surprise?
Il tanto atteso discorso di Jerome Powell a Jackson Hole si è rivelato niente più che un sunto delle minute degli ultimi tre board della Fed. Non a caso, l’annuncio di un taper che potrebbe iniziare già quest’anno ha fatto festeggiare gli indici azionari. Tradotto, era mio dovere fare il compitino ma tra il dire e il fare, c’è di mezzo Wall Street.
Più interessante, invece, quanto emerso dalla Bce. In primis, come mostra questo grafico, rispetto all’inflazione:
Fonte: Bce/Pictet
l’indice core HICP, infatti, la prossima settimana è atteso in crescita dallo 0,7% all’1,5% su base annua, il secondo aumento per magnitudo da quando viene tracciata la serie storica. In parole povere e in base alle metriche, non solo questa lettura segnerebbe di fatto l’inizio di un periodo di prolungata inflazione sull’indice core (12 mesi) ma anche un avvicinamento del trend al sottostante super-core. Difficile in condizioni simili accampare ancora scuse riguardo la transitorietà della dinamica dei prezzi. In compenso, ecco spiegata la fretta con cui Christine Lagarde ha di fatto dato vita a un blitz al board di luglio per operare la policy review su tassi e target sui prezzi.
E ne sanno qualcosa in Germania, dove i prezzi delle importazioni sono saliti al massimo addirittura da 40 anni, come mostra il grafico:
Fonte: Bloomberg
i beni in arrivo dall’estero a luglio hanno segnato un +15% su base annua, mentre i beni di base +19% e i costi energetici addirittura un +90%. Non stupisce, alla luce di questa situazione, il pessimo dato Ifo dell’altro giorno e, soprattutto, il tracollo del sotto-indice legato alle aspettative. Insomma, l’autunno non si presenta sotto i migliori auspici.
E la conferma arriva da questa serie di grafici,
Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg
Fonte: Bloomberg
tutti e comunque indirizzati in una sola direzione: i problemi sulla supply chain globale sono ben distanti dal giungere a una risoluzione. E se le prime due immagini mostrano intuitivamente come, a livello di prezzo del noleggio dei container e interruzioni/rallentamenti sulle catene di produzione a causa dei colli di bottiglia negli approvvigionamenti, il trend appaia quello di uno sforamento delle criticità quantomeno a tutto il primo trimestre del 2022, la terza sembra addirittura anticipare un acuirsi della crisi del breve termine.
La disponibilità di nuovi bulk carrier, infatti, oggi è al livello dell’agosto del 2018 e vicino ai minimi da 12 anni a questa parte. O la cantieristica fa miracoli oppure, oltre alle vendite di Natale già ampiamente compromesse in molti settori, conviene mettere in preventivo gravi difficoltà di approvvigionamento anche per la prossima primavera. Ed ecco che, in quadro globale simile e con le tendenze inflazionistiche europee da record (quantomeno rispetto al trend dal 2012 in poi), l’Italia punta a un +6% di Pil. Lo ha ammesso in punta di ottimismo pre-vacanziero Mario Draghi, lo ha confermato con un po’ più di cautela il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti.
Ma al netto del richiamo a maggiore realismo di Confindustria e in punta di tensioni in seno al governo in vista del voto amministrativo di ottobre, ecco che questi due grafici
Fonte: Bce/Pictet
Fonte: Bce/Pictet
appena pubblicati dalla Bce aprono ulteriori interrogativi sulla credibilità di quelle previsioni. I flussi di credito verso le aziende non finanziarie dell’eurozona, finalmente, stanno tornando alla normalità, oltretutto con l’incoraggiante particolare di uno spiccato aumento di quelli a lungo termine. Peccato che, come mostra la seconda immagine, questa dinamica virtuosa - ed esiziale, stante appunto la situazione macro appena tratteggiata - sia pressoché totalmente appannaggio franco-tedesco. Altrove, situazione congelata.
Non ancora da credit crunch ma, alla luce della fine di tutti o quasi i programmi di sostegno e le moratorie a tutela di lavoratori e consumatori (licenziamenti, sfratti, blocco delle cartelle esattoriali), il timore è quello di istituti bancari che prezzino in anticipo un conseguente e pressoché automatico aumento delle sofferenze e stringano non poco i cordoni della borsa. E un sistema produttivo senza credito, né liquidità - oltretutto alle prese con un trend inflazionistico da record che nei costi alla produzione già brucia i margini e con una supply chain in pieno stallo - difficilmente potrà offrire un contributo sufficiente a sostanziare quel 6% di crescita sbandierato da Palazzo Chigi.
Inoltre, alla luce di quest’ultima variabile:
Fonte: YouGov/Wahlen
il sondaggio YouGov pubblicato oggi e relativo al voto tedesco del 26 settembre vede la Spd aumentare a 2 punti percentuali il vantaggio sulla Cdu, mentre i Verdi restano stabili al 16% ma sempre più tallonati dai Liberali per la corsa al terzo posto. E se in molti traducono una Spd primo partito come garanzia di una Germania colomba in sede Bce, altri fanno notare quale sia stata la risposta di Olaf Scholz ai giornalisti che gli chiedessero se non fosse imbarazzato da continui accostamenti con Angela Merkel: Non è certo un male essere paragonati con una cancelliera di successo.
E con i prezzi alla produzione ai massimi da 40 anni e la bolla immobiliare sempre più in espansione, tanto da spingere i tedeschi ad acquistare oro fisico al ritmo massimo dall’annus horribilis 2009 (quello che creò i prodromi della quasi rottura dell’eurozona),
Fonte: Bloomberg
difficilmente il ministro delle Finanze potrà concedere troppo all’Eurotower e inimicarsi prima del tempo la Bundesbank. Insomma, buon autunno Italia! E buona fortuna, perché - volendo essere realisti - pare che ne avrai davvero bisogno.
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