Crollo Cdu con la crisi afghana alle porte: Merkel deve calare l’asso. E Draghi vigila

Mauro Bottarelli

22 Agosto 2021 - 09:47

A un mese dal voto, la Spd è appaiata al primo posto con il 22%. Pesano gestione di Covid e alluvione e inflazione galoppante: se l’ormai giubilato Laschet optasse per un diplomatico passo indietro?

Crollo Cdu con la crisi afghana alle porte: Merkel deve calare l’asso. E Draghi vigila

Nelle ultime tre settimane, i segnali si erano palesati in maniera sempre più chiara. Quelle risate sguaiate impresse dalla macchina di un fotografo, mentre tutto attorno la gente spalava fango e piangeva morti, la Germania non le ha gradite. E, soprattutto, non le ha perdonate al candidato Cancelliere della Cdu, Armin Laschet. E i sondaggi confermavano: un calo costante delle intenzioni di voto per il partito di governo.

Ma che l’aria stessa però volgendo al peggio, lo si è capito ieri. Quando per l’ennesima volta, Angela Merkel ha dovuto mettere la faccia a difesa del suo successore. Intervenendo all’evento di apertura della fase finale della campagna elettorale per il voto del 26 settembre al Tempodrom di Berlino, la Cancelliera ha usato toni tanto apparentemente stentorei, quanto in realtà votati alla preoccupazione. Sono profondamente convinta della candidatura di Laschet, la cui ascesa alla Cancelleria va intesa come un bene per il Paese, ha dichiarato la Mutti, prima di confermare come le elezioni che si terranno fra poco più di un mese rappresentino le più complesse dal 1949.

Soprattutto per una ragione. Ovvero, il Cancelliere uscente non si ricandida in un Paese dove Cdu e Csu, complessivamente, hanno espresso il capo del governo per oltre 50 anni. E questa mattina, la conferma dello stato di emergenza, contenuta in questi grafici:

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Fonte: Insa

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Fonte: Wahlen
non solo la popolarità di Armin Laschet ha toccato il minimo assoluto ma, cosa ben più grave, anche i consensi della Cdu-Csu nel consueto sondaggio Insa della domenica per la Bild am Sonntag. Scesi al livello più basso da quando viene condotta la rilevazione demoscopica. Detto fatto, il partito di governo è stato raggiunto dalla Spd al 22% (+1%), perdendo 3 punti percentuali, mentre i Verdi sono terzo partito con il 17% (-1%).

Di fatto, l’ago della bilancia. Quantomeno, se in casa socialdemocratica si decidesse di cogliere la palla al balzo di una Cdu mai cosi debole e si testasse l’ipotesi di una maggioranza alternativa con ambientalisti e Liberali (+1%). Comunque sia, allarme rosso per Angela Merkel. La quale pensava di tornare in patria per un po’ di relax dopo la diplomaticamente provante trasferta moscovita da Vladimir Putin. E, invece, ora deve affrontare il fantasma peggiore: quello di una potenziale, ulteriore erosione di consensi da destra (Liberali e Alternative fu Deutschland) in vista della possibile crisi dei profughi afghani.

Il fantasma del conto che la Cdu dovette pagare alla politica delle porte aperte verso quelli siriani decisa proprio da Angela Merkel nel 2015 è tornato ad aleggiare nelle ultime ore, soprattutto dopo le parole di Recep Erdogan e la decisione greca di erigere a tempo di record un muro di 40 chilometri proprio al confine con la Turchia. Che fare, quindi? Escludendo un clamoroso ripensamento della Cancelliera rispetto alla sua candidatura, la Cdu ha un mese per riconquistare quella fiducia che la gestione della pandemia e, soprattutto, dell’alluvione record hanno eroso nell’elettorato.

Il quale, almeno finora, ha comunque scelto l’alternativa establishment della Spd e non ha ceduto a sirene più estreme. Ma il 13% dei Liberali fa pensare, quantomeno in relazione al 10,7% delle ultime elezioni: dove, giova ricordarlo, la Cdu si aggiudicò un 32,9%. Oltre 10 punti percentuali bruciati, mentre la Spd ne ha guadagnato 1,5% e Alternative fur Deutschland resta in linea con il suo 12% rispetto al 12,6%. Davvero la Cancelliera lascerà la politica in questo modo, incassando una clamorosa sconfitta a livello di preferenze di partito? Il suo testamento politico sarà quello di un rischio di esilio all’opposizione, in caso la Spd tentasse la carta della coalizione semaforo (rosso, giallo, verde) con ambientalisti e liberali, già paventata nel 2017 nel novero delle ipotesi come alternativa all’alleanza Giamaica (nero, giallo, verde) fra Cdu, Fdp e Grunen?

Difficile crederlo. Soprattutto, alla luce di queste due variabili.

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Fonte: Die Welt

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Fonte: Bloomberg
La prima mostra come alla fine del secondo trimestre, l’inflazione sul prezzo degli assets in Germania abbia continuato a galoppare, +11,7% su base annua e il secondo dato più alto da 2005, data di inizio della tracciatura della serie storica. Il problema sta poi nella seconda immagine: a operare da driver di questo dato record, l’aumento - a sua volta da primato assoluto - dei prezzi degli immobili. Il quale, come appare evidente, è cresciuto in tandem con l’espansione del bilancio della Bce. Tradotto, il Qe ha gonfiato la bolla real estate tedesca. E i dati parlano chiaro: con il +1,1% di luglio, ad oggi il German HousePrice Index è salito del 9,8% da inizio anno.

E nonostante le rassicurazioni di Taiwan rispetto a una normalizzazione della fornitura globale di microchip entro fine anno, la scelta obbligata di Volkswagen di tagliare la produzione ha fatto suonare un ulteriore campanello d’allarme. Soprattutto alla luce di questo ultimo grafico,

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Fonte: Bloomberg
il quale mostra quale criticità covi sotto il tappeto del mercato automobilistico Usa, anch’esso alle prese con carenza di componentistica elettronica come testimoniato dal blocco delle linee di Ford e General Motors. Il debito che fa capo al comparto ha infatti appena toccato il livello record di 1,42 trilioni di dollari, principalmente a causa dell’aumento del prezzo delle auto usate. Ma il rischio sta alla radice: l’origine di una fetta consistente di quei prestiti fa capo a titolari con valutazioni di credito ampiamente subprime.

Se per caso il comparto non dovesse riprendersi e le banche/finanziarie decidessero (o fossero costrette) per un credit crunch, un altro 2008 in sedicesimi sarebbe servito. Il tutto, nel pieno dell’ondata globale da variante Delta e con la supply chain sotto pressione. Angela Merkel ha un mese per raddrizzare la situazione, fattasi ora davvero dura. E le sue parole, raccolte in camera caritatis dai cronisti alla fine dell’appuntamento elettorale berlinese, parlano chiaro: Ora le carte sono state rimescolate. E’ un qualcosa per cui vale la pena lottare. Clamoroso ritorno in campo, magari garantito da un abbandono per ragioni personali di Armin Laschet?

O, più facilmente, un mix di saggezza diplomatica in politica estera (immigrazione) e ritorno al rigore nei confronti della Bce potrebbe essere necessario per salvare la baracca? In tal senso, dopo l’attacco senza precedenti di Confindustria a governo e sindacati dal Meeting di Rimini, Mario Draghi farebbe bene a restare con le antenne dritte in vista di un autunno che si prospetta bollente. E dormire con un occhio sempre aperto.

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