Risarcimento danno all’immagine della Pubblica Amministrazione: la disciplina

Isabella Policarpio

07/03/2019

Quando il dipendente ha una condotta negligente o contraria ai principi della PA è tenuto al risarcimento del danno all’immagine. I criteri per la liquidazione.

Risarcimento danno all’immagine della Pubblica Amministrazione: la disciplina

Il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione è risarcibile dal dipendente pubblico che ha una condotta negligente o scorretta, e si aggiunge alle sanzioni disciplinari stabilite dal Codice comportamentale della PA.

Infatti, il dipendente pubblico che viola gli obblighi lavorativi lede l’immagine della PA nei confronti dei cittadini e, di conseguenza è condannato dal giudice a risarcire il danno in base all’intensità del nesso causale tra il danno e la condotta e alla posizione ricoperta.

Andiamo a vedere quando scatta l’obbligo al risarcimento e come si calcola il suo ammontare.

Danno all’immagine della PA: quando di verifica?

Quando il dipendente pubblico, con al sua condotta negligente o scorretta, lede l’immagine della Pubblica Amministrazione nella quale lavora o di un’altra, è tenuto a risarcire il danno. Il diritto al risarcimento del danno all’immagine deriva dalla responsabilità amministrativa del dipendente pubblico che si verifica in caso di disservizi, cattiva amministrazione, sprechi e malfunzionamenti generali.

Il danno all’immagine della PA può essere causato sia con una condotta scorretta dell’impiegato/amministratore/dirigente, attraverso un atteggiamento poco attento e negligente, che con la commissione dei reati contro la Pubblica Amministrazione previsti dal Codice Penale.

Nel 2003, la Corte dei Conti ha inserito il danno all’immagine della Pubblica Amministrazione nella più ampia categoria di “danno esistenziale all’immagine”, precisamente nella sentenza delle Sezioni Unite n. 10/2003. Dunque, per la Corte dei Conti il funzionario che non rispetta il Codice deontologico e/o disciplinare della PA altera l’identità dell’Amministrazione, facendone apparire un’immagine negativa.

La buona immagine della Pubblica Amministrazione trova riconoscimento costituzionale nell’articolo 97, che recita quanto segue:

“I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.”

Inoltre, l’articolo 54 della Costituzione recita che ai cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina, serietà ed onore; in alcuni casi è addirittura previsto il giuramento.

Chi deve risarcire il danno all’immagine?

Il risarcimento del danno all’immagine della PA spetta la dipendente pubblico che ha violato i principi sui quali si basa l’attività amministrativa arrecando un disservizio al cittadino. Questi principi sono:

  • l’integrità della condotta;
  • la correttezza;
  • la buona fede;
  • la proporzionalità;
  • l’obiettività;
  • la trasparenza;
  • la ragionevolezza;
  • l’indipendenza;
  • l’imparzialità.

Tutti i principi sopra elencati sono disciplinati dal D.P.R. n. 62 del 2013 che va affiancato dai Codici comportamentali di ogni singola amministrazione. Se il dipendente viola gli obblighi di condotta è responsabile ex articolo 2059 del Codice Civile. In pratica egli risponde del danno non patrimoniale (la lesione dell’immagine della PA) con l’obbligo di risarcire l’immagine screditata.

Come si calcola il danno?

Per calcolare il quantum del risarcimento bisogna tener conto dell’articolo 62 della legge anticorruzione n. 190 del 2012 e dell’articolo 1 della legge n.20 del 1994.

In pratica, sul dipendente pubblico grava una presunzione di colpa per violazione del danno all’immagine, salva prova contraria, ed il risarcimento deve ammontare al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità percepita illecitamente dal dipendente.

Quando il danno è causato da più dipendenti, l’importo del risarcimento deve essere ripartito in base alla posizione ricoperta nella Pubblica Amministrazione e all’intensità del nesso causale tra la condotta ed il pregiudizio all’immagine.

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