Dipendenti pubblici di Palazzo Chigi rifiutano un aumento di 125 euro (vogliono di più)

Antonio Cosenza

19/01/2021

In piena pandemia ci sono dipendenti pubblici che rifiutano un aumento da 125 euro mensili. Si tratta di coloro che lavorano a Palazzo Chigi, tra i più pagati della PA.

Dipendenti pubblici di Palazzo Chigi rifiutano un aumento di 125 euro (vogliono di più)

Mentre per il rinnovo del contratto nel pubblico impiego per il triennio 2019-2021 si fatica a raggiungere un accordo che possa garantire un aumento cospicuo di stipendio, ci sono dei dipendenti pubblici che si ostinano a rifiutare un’offerta di rinnovo per un aumento mensile pari a 125,00 euro lordi.

Si tratta dei dipendenti di Palazzo Chigi, per i quali non è stato ancora raggiunto un accordo per il rinnovo del contratto per il triennio 2016-2018. E pensare che inizialmente si pensava che non ci sarebbero stati problemi nell’arrivare ad un accordo per questo comparto, in quanto si tratta dei dipendenti pubblici che già possono vantare le retribuzioni più elevate.

Il personale non dirigente della Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti, può già vantare una retribuzione molto alta, che in media sfiora i 40.000 euro annui lordi. Ed è anche per questo motivo che si pensava potesse trattarsi di una trattativa persino amichevole, ben più semplice da portare a termine rispetto a quella che ha interessato comparti come Istruzione e Difesa.

Le attese della vigilia, però, sono state smentite dai fatti: i sindacati continuano a rifiutare le proposte di rinnovo, che va detto sono ben più vantaggiose rispetto a quelle che hanno interessato i dipendenti pubblici di altri comparti. Una situazione paradossale, specialmente perché sussiste in piena pandemia, tanto da far perdere la pazienza al Presidente dell’Aran, l’ente incaricato dalla Pubblica Amministrazione per seguire le trattative per il rinnovo dei contratti.

Rinnovo del contratto: perché i dipendenti di Palazzo Chigi rifiutano le offerte dell’Aran

I dipendenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri pretendono un aumento più cospicuo rispetto a quello proposto dall’Aran. Uno stipendio da 40 mila euro e un aumento da 125 euro (lordi) in più al mese non sono sufficienti per accontentare le pretese di quelli che sono tra i dipendenti pubblici meglio pagati.

Una proposta d’aumento superiore al 50% di quanto riconosciuto al personale non dirigente dei ministeri (dove la retribuzione media è di 30.000 euro), non sufficiente però per soddisfare i sindacati Snaprecom, Sipre e Ugl (che da soli rappresentano più della metà dei dipendenti sindacalizzati), i quali si sono rifiutati di porre la firma sul documento di accordo.

La richiesta dei sindacati è di avere un aumento di stipendio più corposo, il quale dovrà interessare anche l’indennità di presenza. In aggiunta, si chiedono anche specifiche indennità per certe categorie di funzionari, più altri giorni di ferie per tutto il personale.

Personale che - è importante ricordare - durante la pandemia è “smartabile” al 90%; solo il 10% di questi, quindi, ha continuato a garantire la propria presenza in sede mentre tutti gli altri hanno lavorato da casa.

Rinnovo del contratto per i dipendenti di Palazzo Chigi: possibile blocco delle trattative

Nonostante una situazione del tutto favorevole rispetto alla generalità dei dipendenti pubblici - per non parlare poi di quelli del settore privato che in questi mesi hanno dovuto fare i conti con cassa integrazione e tagli dello stipendio - il personale di Palazzo Chigi continua a bloccare una trattativa che va ormai avanti da troppo tempo.

E mentre per il personale dirigente di Palazzo Chigi si sta arrivando ad un accordo - a fronte di un aumento mensile di ben 300 euro - per il non dirigente c’è il rischio che questa situazione non si sbloccherà. Anche il Presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, sembra aver perso la pazienza. Questo ha definito come inaccettabile questa situazione, in quanto dopo 15 mesi di “tira e molla” è impensabile non essere arrivati ad un accordo.

E Naddeo non crede che dall’Aran possa esserci un’ulteriore offerta di rinnovo: “O ci ripensano, o per me è finita qui”.

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