Il 2016 è iniziato all’insegna delle vendite sui listini azionari di tutto il mondo, a causa delle tensioni sulla Cina. Per l’indice Dow Jones mai così male negli ultimi 88 anni
La tempesta finanziaria cinese si sta abbattendo con grande intensità su tutti i principali listini azionari del globo. A pagarne le conseguenze non sono, quindi, soltanto le borse più deboli (come quelle emergenti), bensì anche quelle dei paesi maggiormente sviluppati. Secondo l’autorevole Financial Times, la scorsa settimana (da lunedì a giovedì) sono stati bruciati ben 2.300 miliardi di dollari di capitalizzazione azionaria. Se si osserva la performance dell’indice americano Dow Jones Industrial, si può notare una performance settimanale negativa pari al 6,19%. E’ il peggior inizio d’anno dal 1928, ovvero da quando esiste l’indice dei titoli industriali a Wall Street.
La banca d’affari scozzese Royal Bank of Scotland ha calcolato che per le borse mondiali il 2016 è il peggiore inizio d’anno dal 1999: in particolare, stima la newyorkese Goldman Sachs, per le borse europee non andava così male dai primi anni ’70. Le tensioni globali - legate al crollo senza freni del petrolio, alla svalutazione dello yuan, ai rischi di deflazione, alla crisi geopolitica in Medio Oriente e alle attese di rallentamento economico – hanno scatenato i “sell” su tutti i listini azionari. La borsa di Shanghai ha perso il 10%, Francoforte più dell’8%, Piazza Affari il 7%. Tuttavia, secondo gli esperti di Bank of America Merrill Lynch, quella in corso è solo una correzione tecnica ma non un’inversione della tendenza rialzista.
Non sono bastati per ora gli entusiasmanti dati sul mercato del lavoro negli Stati Uniti a ridare fiducia ai mercati (292mila nuovi posti di lavoro creati e disoccupazione al 5%). La sensazione, dunque, è che fin quando il prezzo del petrolio e la quotazione dello yuan non troveranno un punto di equilibrio, la volatilità resterà su livelli elevati e gli scossoni sulle borse saranno molto frequenti. Intanto, però, lo scenario deflattivo continua a spingere i titoli di stato, in particolare quelli dell’area euro: il rendimento del Bund è sceso allo 0,51%, quello del BTp decennale all’1,53%. Tra le materie prime va segnalato il balzo dell’oro, che in una settimana ha realizzato un +4%: i prezzi spot sono tornati sopra 1.100$ l’oncia, allontanandosi quantomeno dai bottom di periodo di area 1.050$.
© RIPRODUZIONE RISERVATA