Grecia, Italia e Portogallo registrano il debito pubblico peggiore dell’Eurozona. Sul podio dei virtuosi Estonia, Lussemburgo e Romania
Il debito pubblico italiano è tra i più alti d’Europa, secondo solo a quello della Grecia. Nel 2017 si è attestato alla ragguardevole cifra di 2.256,1 miliardi di euro vale a dire il 132% del prodotto interno lordo.
Un dato preoccupante che posiziona il Belpaese al secondo posto della classifica stilata dall’Eurostat, nella quale svetta la virtuosa Estonia.
Debito pubblico, peggiori e migliori d’Europa
A preoccupare analisti e osservatori è soprattutto la Grecia che archivia il 2017 con il debito pubblico più alto in Ue attestandosi al 177% del suo Pil.
Il dato non sorprende visto che anche il Fondo Monetario Internazionale ha definito la situazione ellenica allarmante. E non sono bastati anni di austerità e riforme economiche per migliorare le condizioni delle casse dell’economia ellenica.
Ma non è solo la Grecia a preoccupare. Altri Paesi, tra cui l’Italia, registrano un debito pubblico non solo superiore alla media europea (che è intorno all’80%) ma anche al livello massimo stabilito dal Trattato di Maastricht (60%).
Nella classifica dei debiti pubblici europei più alti, subito dopo la Grecia troviamo Italia e Portogallo che, al 31 dicembre dello scorso anno, hanno chiuso i conti con un debito pubblico pari rispettivamente al 132% e al 129% della produzione nazionale.
Mentre però il nostro Paese è cresciuto solo dell’1,5%, Lisbona ha fatto registrare una crescita del Pil del 2,7%, il livello migliore degli ultimi 17 anni.
Il podio per i Paesi più virtuosi spetta a Estonia, Lussemburgo e Romania: il loro debito pubblico non supera il 30% del loro Pil.
Complessivamente sono dieci i governi, tra i quali quello tedesco, che si mantengono al di sotto la media registrata nell’area Euro.
La situazione italiana
A fine 2017 il debito pubblico italiano è, dunque, salito rispetto al 2016 passando da 2.219,5 miliardi di euro agli attuali 2.256,1 miliardi con aumento di 36,6 miliardi di euro.
Tale incremento, secondo Banca d’Italia:
“ha riflesso il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche (51,8 miliardi), in parte compensato dalla riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro (13,8 miliardi, a 29,3); l’effetto complessivo degli scarti e dei premi all’emissione e al rimborso, della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione e della variazione del cambio hanno contenuto il debito per 1,5 miliardi.”
In particolare, è cresciuto di quasi 40 miliardi il debito consolidato delle Amministrazioni centrali che ha raggiunto quota 2.169,1 miliardi, è rimasto stabile quello degli Enti di previdenza mentre è diminuito quello delle Amministrazioni locali sceso a 86,9 miliardi (3 in meno rispetto all’anno precedente).
Proprio martedì scorso, in occasione dell’anno giudiziario, il neo presidente della Corte dei Conti, Angelo Buscema, aveva invitato l’Italia a non abbassare la guardia sul fronte della ripresa sottolineando la fragilità dei conti pubblici e ammonendo sull’eventualità di un aumento del debito pubblico:
“Una via preclusa non tanto dagli obblighi che ci provengono dall’esterno, dagli accordi europei, quanto piuttosto dal rispetto di un maggior equilibrio intergenerazionale nella ripartizione degli oneri”
aveva avvertito Buscema.
Da rilevare che in mattinata il Btp decennale ha registrato un rendimento del 2,085% ben distante da quello del Bonos spagnolo che viaggia all’1,53%.
Poco meglio ha fato il titolo di Stato decennale di Lisbona con un rendimento al 2,075% mentre la peggiore di tutte si conferma ancora la Grecia con il tasso sul decennale ben oltre il 4% (4,33%).
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