Secondo il Fondo monetario, il rapporto debito/Pil delle economie avanzate raggiungerà il 120% alla fine del 2020. Quali sono i Paesi che risentiranno di più di questo incremento?
La pandemia ha costretto le principali economie ad implementare manovre fiscali straordinarie per sostenere gli ingentissimi costi innescati dall’emergenza sanitaria.
Si tratta di misure che hanno finito per incrementare il livello medio del debito pubblico: secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, questo rapporto nelle economie avanzate salirà entro la fine dell’anno al 120%.
Debito/Pil sopra ai livelli del dopoguerra
In media, il debito pubblico delle economie più avanzate arriverà a toccare quota 120% del Pil entro la fine dell’anno, con il dato globale visto al 101,5% .
A dirlo sono Victor Gaspar, direttore del Dipartimento degli affari fiscali del Fmi, e Gita Gopinath, capo economista dell’istituto con sede a Washington.
Si tratta di livelli che non venivano registrati dal secondo dopoguerra, quando in Europa iniziava il processo di ricostruzione dopo oltre cinque anni di guerra e gli Stati Uniti finanziavano imponenti programmi di aiuti dopo lunghi anni di ingenti spese militari.
Perché il debito è cresciuto?
Le misure contenitive implementate dai governi per limitare la diffusione del COVID-19 hanno comportato un blocco dell’attività economica, e quindi anche del gettito fiscale, e forti aumenti di spesa pubblica: il mix ha inevitabilmente fatto salire il disavanzo fiscale e il deficit pubblico.
Non controbilanciato da ulteriori entrate, il deficit pubblico causa l’incremento del debito.
In questo modo, con la pandemia è stato registrato un incremento dello stock di debito, a livello globale, pari a quello prodotto negli ultimi 20 anni.
Agli inizi degli anni 2000, l’economia globale usciva dalla crisi delle Dot. com con un livello di debito pubblico pari all’80% del Pil e il dato ha superato per la prima volta quota 100% dopo la crisi dei Subprime e quella dei debiti sovrani in Europa.
Chi ne paga le spese?
Il COVID-19 ha portato un incremento del rapporto Debito/Pil della Zona Euro di 17 punti passando da una media del 86% nel 2019 al 102,6% atteso per quest’anno.
Questo ulteriore incremento del debito di Eurolandia fa tornare d’attualità il famigerato parametro di un debito/Pil inferiore al 60% contenuto nel Trattato di Maastricht.
Si ratta di un livello che, nel 2019, era rispettato solamente dalla Germania (59,8%), dall’Olanda (48,6%) e dalla Finlandia (59,4%): la maggioranza dei paesi dell’area Euro l’anno scorso registrava un livello Debito/Pil in area 100 punti percentuali (Belgio 98,6%, Francia 98,1%, Spagna 95,5%, Italia 135%, Portogallo 118% e Grecia 177%).
L’ampio sforamento di questo parametro, oltre a porre la questione del ripensamento di nuove regole comuni in materia di debito, comporta per questi Paesi minori margini di manovra fiscali.
Un elevato rapporto debito/Pil limita il raggio d’azione dello Stato per disporre aiuti a famiglie e imprese. Di conseguenza, in una situazione di crisi come l’attuale, i Paesi con un rapporto debito/Pil più elevato saranno quelli che registreranno maggiori difficoltà di intervento.
Debito pubblico: è sostenibile?
Per quanto riguarda la sostenibilità futura del debito, ci sono alcuni studi accademici che, analizzando i dati dei tassi di interesse sulle obbligazioni governative italiane e tedesche, hanno concluso che:
- uno shock dell’1% del rapporto debito/Pil in Germania comporta una riduzione sia del tasso di interesse a breve termine che del tasso di interesse a lungo termine;
- uno shock dell’1% del rapporto debito/Pil in Italia non ha effetti sui tassi breve mentre ha effetti sui costi per finanziarsi a lungo termine.
A pesare sono il grado differente di sostituibilità degli asset sul mercato del reddito fisso e le differenze in termini di rischio di insolvenza tra i due Paesi.
In Italia, a causa di un minor grado di sostituibilità tra bond a lungo e breve termine e della scarsa disciplina fiscale, solo il rendimento dei titoli a lungo termine viene influenzato da uno shock fiscale.
In Germania, invece, la maggiore sostituibilità tra i titoli a lungo termine e i titoli a breve e una più rigorosa politica fiscale ha modificato i rendimenti verso il basso sia del titolo a breve sia di quello a lungo.
Considerando che i Paesi con maggiore livello di debito/Pil hanno avuto in passato una cattiva gestione del budget fiscale, un ulteriore incremento di questo rapporto a causa di manovre fiscali provoca un incremento della spesa per interessi causato anche dalle inefficienze del mercato del reddito fisso che ostacola la sostituibilità tra asset con diversa scadenza.
Chi si trova in questa situazione è l’Italia, che presenta il secondo rapporto debito/Pil nella Zona Euro (135% lo scorso anno e 166,1% nel 2020), problemi di budget fiscale alle spalle (la svalutazione della lira avvenuta nel 1992) e una pendenza della curva dei rendimenti delle obbligazioni governative in aumento (che potrebbe incorporare l’attesa di una maggiore inflazione in futuro ma anche il rischio di default).
In conclusione i Paesi che pagheranno maggiormente le spese dalla crisi attuale sono quelli, come il nostro, che presentano un rapporto debito/Pil più elevato.
Oltre a impattare negativamente sulla sostenibilità del debito pubblico nazionale, un rapporto debito/Pil più elevato contribuisce ad innalzare il divario già rilevante tra i Paesi core e quelli periferici, in uno scenario particolarmente delicato dal punto di vista politico.
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