Erdoğan cerca la pace in Ucraina ma bombarda i curdi: le guerre tollerate dalla Nato

Alessandro Cipolla

20/04/2022

La Turchia ha ripreso a bombardare nel Nord dell’Iraq le città che sono controllate dai curdi del Pkk: se Erdoğan da una parte si sta spendendo molto per far cessare la guerra in Ucraina, dall’altra non sembrerebbe voler terminare la propria di “operazione speciale” il tutto senza che la Nato proferisca parola.

Erdoğan cerca la pace in Ucraina ma bombarda i curdi: le guerre tollerate dalla Nato

Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, Recep Tayyip Erdoğan è stato il leader mondiale che più si è mosso per cercare di arrivare a un accordo di pace, tanto da aver ospitato per tre giorni a Istanbul le delegazioni diplomatiche di Mosca e Kiev.

Il presidente turco si è detto anche fiducioso per un cessate il fuoco, anche se da quel momento non si sono registrati dei passi in avanti nelle trattative che, al contrario, sembrerebbero ormai aver imboccato un binario morto.

Molto si è scritto di questo attivismo di Erdoğan per cercare di trovare un accordo che possa mettere fine alla guerra tra Ucraina e Russia, un modo questo secondo diversi esperti per “ripulire” la sua reputazione a livello nazionale dopo che Draghi un anno fa lo ha definito “un dittatore di cui però si ha bisogno”.

Un ruolo questo di peacemaker per Erdoğan che però potrebbe cozzare con quello che sta succedendo nel Kurdistan iracheno, con la Turchia (membro Nato) che ha ripreso a bombardare le città in mano ai curdi del Pkk (il Partito dei lavoratori del Kurdistan creato da Abdullah Öcalan).

La Turchia, i curdi e la Nato

Con gli occhi del mondo intero che da quasi due mesi sono tutti puntati sulla guerra in Ucraina, Recep Tayyip Erdoğan svestiti i panni del mediatore ha dato il via a una nuova offensiva nella regione federale nel Nord dell’Iraq che è controllata dai curdi.

Per la Turchia si tratta di una operazione speciale contro il terrorismo” che va avanti ormai dai anni, con le motivazioni di Erdoğan che assomigliano molto a quelle di Putin quando ha giustificato l’invasione dell’Ucraina parlando della necessità di fermare il “genocidio in atto nel Donbass”.

Negli ultimi giorni nel Kurdistan iracheno l’esercito turco, attaccando con aerei e artiglieria, avrebbe “neutralizzato 26 terroristi” con il ministro della Difesa turco Hulusi Akar che ha voluto sottolineare come “l’azione militare continua con successo”.

La guerra nel Kurdistan va avanti ormai da quasi 40 anni, con decine di migliaia di vittime su entrambi i fronti, ma da quando è terminato il conflitto siriano le due regioni federali concesse ai curdi in Siria e in Iraq sono da tempo oggetto degli attacchi da parte di Ankara.

Per la Turchia quella in atto dal 2020 sarebbe una operazione contro il terrorismo del Pkk, mentre per molti analisti internazionali il vero motivo di questi attacchi è il timore che, questa sorta di esperienza autonomista, possa essere il primo passo per un pieno riconoscimento del Kurdistan che si estende soprattutto in territorio turco.

Fatto sta che la Nato, di cui la Turchia fa parte, non ha mai voluto affrontare la questione curda e i profughi generati da questa guerra di certo non vengono accolti con gare di solidarietà in Occidente.

Una delle cose più odiose che si sono lette negli ultimi tempi è stato il cercar di voler giustificare l’aggressione della Russia tirando in ballo l’ipocrisia della Nato e dell’Occidente nei confronti di tante altre guerre dimenticate, vedi Yemen.

Così come è giusto sottolineare tutte le colpe di Vladimir Putin, al tempo stesso però è altrettanto colpevole tacere di fronte alla doppia morale occidentale a cui, purtroppo, ormai ci siamo assuefatti.

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