Migliora l’attività manifatturiera in Eurozona secondo i dati aggiornati: un segnale positivo sulle catene di approvvigionamento. Tuttavia, la crescita economica della regione non è priva di ostacoli.
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I dati sull’attività manifatturiera della regione hanno mostrato un’accelerazione il mese scorso, grazie dell’allentamento delle strozzature nella catena di approvvigionamento, anche se il miglioramento non è stato distribuito uniformemente tra i paesi membri e le fabbriche hanno ancora dovuto affrontare forti pressioni inflazionistiche.
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Eurozona: manifatturiero recupera, cosa significa?
I dati aggiornati il primo febbraio sulla zona euro hanno innanzitutto evidenziato che l’indice finale dei responsabili degli acquisti nel settore manifatturiero (PMI) di IHS Markit è salito a un massimo di cinque mesi a 58,7 a gennaio da 58,0 di dicembre.
Il dato, comunque, è rimasto al di sotto di una stima «flash» iniziale di 59,0 ma ben al di sopra della soglia 50 che separa la crescita dalla contrazione.
Inoltre, un indice che misura la produzione, visto come un buon indicatore della salute economica, è balzato a 55,4 da 53,8.
“Sembra che i produttori della zona euro stiano resistendo alla tempesta Omicron meglio delle precedenti ondate Covid, con le aziende che hanno riportato i maggiori miglioramenti della produzione e del portafoglio ordini in quattro mesi a gennaio”, ha affermato Chris Williamsondi IHS Markit.
I numeri, comunque, hanno evidenziato ritmi di crescita differenziati tra i Paesi in esame, con la ripresa del settore in Germania, Paesi Bassi e Austria in contrasto con i rallentamenti in Italia, Spagna e Grecia e la produzione quasi in stallo in Francia.
Da segnalare, che i prezzi delle materie prime hanno continuato a salire, anche se a un ritmo più lento rispetto a dicembre, e le fabbriche hanno scaricato maggiormente questo onere sui consumatori.
L’indice dei costi alla produzione è incrementato a 72,7 da 70,2, la seconda lettura più alta in quasi due decenni.
Il nodo per la crescita è sempre l’inflazione
Secondo gli economisti intervistati da Reuters il mese scorso, l’inflazione della zona euro è destinata a “bruciare” per tutto il 2022 più di quanto previsto in precedenza, il che potrebbe fare pressione sulla BCE per inasprire la politica una volta passata l’ondata Omicron.
Secondo un’indagine di Bloomberg, l’aumento dei prezzi è una delle principali preoccupazioni per l’economia dell’area dell’euro.
La scorsa settimana, il FMI ha anche avvertito che l’inflazione nella regione persisterà più a lungo e ridurrà le sue proiezioni di crescita per l’anno a venire.
I prezzi al consumo sono saliti a un record del 5% a dicembre, aumentando la pressione sulla BCE per iniziare a ritirare gradualmente il sostegno alla pandemia. Sarà questo l’orientamento di Francoforte nella riunione del 3 febbraio?
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