Stime per la crescita globale ancora in calo secondo l’FMI, soprattutto per le perfomance negative delle economie emergenti (Brasile e Arabia Saudita in testa). Europa meglio del previsto, Italia stazionaria.
Riviste al ribasso le stime della crescita globale nell’ultimo World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, soprattutto per i mercati emergenti e i paesi in via di sviluppo, mentre nelle economie sviluppate la modesta ripresa continua gradualmente. Nel 2016 si prevede che il mondo crescerà del 3.4% e nel 2017 del 3.6 %, con un taglio alle stime precedenti dello -0.2 %.
Responsabili delle previsioni negative sono soprattutto le performance dei paesi in sviluppo , che ancora pesano per il 70% della crescita globale e che rallentano per il 5° anno consecutivo. Secondo il FMI, sono tre i fattori macroeconomici fondamentali: il graduale rallentamento della Cina, i prezzi bassi delle materie prime e la progressiva stretta monetaria della Fed. A est, Pechino si muove nella direzione attesa, verso un ri bilanciamento della propria economia dai massicci investimenti e dala manifattura ad un’economia più orientata alla domanda interna e ai servizi, ma con un rallentamento dai volumi inaspettati nelle dinamiche import - export. Questi sviluppi imprevisti, insieme all’incertezza sulle future perfomance del paese e alla crescente volatilità nei mercati finanziari, stanno avendo ricadute negative sull’economia globale, propagandosi soprattutto tramite il canale degli scambi commerciali e dei prezzi delle materie prime. Il prezzo del petrolio continua a scendere in maniera consistente, riflettendo quelle che sono le aspettative dei mercati sull’eccesso di produzione e danneggiando i paesi esportatori, diminuendone le prospettive di crescita e aumentando le tensioni sui conti pubblici. Nonostante il prezzo basso, non è aumentata la domanda. Mentre in EU e in Giappone le politiche monetarie restando piuttosto accomodanti, negli USA la Fed ha rialzato i tassi di interesse e le prospettive di futuri incrementi, insieme alla volatilità dei mercati finanziari e alle basse aspettative di crescita sui mercati emergenti, hanno causato un calo dei flussi di capitale e un’ulteriore svalutazione delle monete di molti paesi in via di sviluppo.
Tra i paesi che contribuiscono maggiormente alla revisione al ribasso delle stime della crescita globale spicca il Brasile, la cui recessione sembra essere più profonda e durevole rispetto alle prime previsioni del FMI, segnando una crescita negativa del 3,5% nel 2016 (- 2.5 % rispetto alle aspettative di ottobre). Segue l’Arabia Saudita, con una crescita proiettata dell’1,2, in ribasso dell’1%. Le prospettive del paese sono molto indebolite dalla caduta del prezzo del petrolio, che sta mettendo in serie difficoltà le finanze pubbliche. In Europa, invece, aspettative particolarmente negative colpiscono la Francia, unico tra Germania, Spagna, Italia e Regno Unito per cui le stime sono state tagliate dello 0.2 % per il 2016. Sono migliori invece dello 0.1 % le stime di tutta l’area Euro, soprattutto della Germania, che nel 2016 dovrebbe crescere dell’1.7 %. Stabile invece l’Italia, la cui proiezione è rimasta invariata da ottobre: 1,3% di crescita nel 2016, 1.2 % nel 2017. Negli Stati Uniti si prevede una crescita costante del 2,6% per i prossimi due anni.
Secondo l’FMI, l’agenda politica sia dei paesi sviluppati che di quelli in via di sviluppo deve avere come priorità assoluta la crescita e il potenziamento del PIL, attraverso un mix di politiche di sostegno alla domanda e riforme strutturali. Nelle economie avanzate, le priorità devono essere sulla politica fiscale, a sostegno della ripresa economica e della crescita anche in presenza di aggiustamenti nelle finanze pubbliche, cercando di rafforzare il mercato del lavoro e il tasso di occupazione, tenendo sotto controllo il debito e liberalizzando ancora di più ii mercati di prodotti e servizi. Nel vecchio continente, le politiche si devono concentrare sulla possibilità di ottenere benefici economici di lungo periodo dall’ondata di rifugiati, che possono avere un impatto fondamentale sulla finanza pubblica (in primis sul costo delle pensioni), incoraggiando l’integrazione nel mercato del lavoro europeo e scongiurando i rischi legati ad una mancata integrazione. Nei paesi in via di sviluppo, invece, una politica dei cambi flessibili e svalutazioni competitive, seppur operazioni delicate, saranno un importante mezzo di protezione dall’impatto di shock negativi esterni.
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