La Banca centrale Usa alza il costo del denaro di 50 punti e annuncia l’inizio della riduzione di bilancio dal 1 giugno. E Wall Street stappa lo champagne. Perché conta sul «Trichet moment» della Bce
In un mondo che ancora avesse il dono della memoria, la conferenza stampa di Jerome Powell sarebbe stata accompagnata dalla richiesta immediata di dimissioni. Perché non servono sforzi eccessivi o viaggi a ritroso stile Ritorno al futuro per ricordare le rutilanti cantilene relative alla natura transitoria dell’inflazione, Ora, invece, è allarme rosso.
Come previsto, la Fed alza i tassi di 50 punti base e riduce il bilancio. Questo perché, a detta del suo numero uno, la dinamica dei prezzi è davvero troppo alta e e questo giustifica un atteggiamenti altamente vigile da parte delle Banca centrale. Non importa il rallentamento cinese e i venti di stagflazione che spirano dal porto di Shanghai, non importa il fall-out della crisi ucraina: da transitoria, l’inflazione è diventata esiziale. In un trimestre. Policy error? Probabile. Ma voluto, E, soprattutto, calcolato e preparato a tavolino . Per capirne il senso, basta porsi una domanda: chi ricorda l’ultimo decisione concreta degli Usa a livello di sanzioni verso la Russia? Il bando su diamanti e caviale. Almeno due mesi fa.
Ed ecco l’architrave che giustifica tutto, dai tassi ufficiali sui Fed Funds che salgono a 0,75%-1% e con prospettive che parlano di altri 11 ritocchi nel corso dell’anno (addirittura di 75 punti base a luglio) fino all’abbrivio spedito del cosiddetto quantitative tightnening, la riduzione del portafoglio titoli della Fed che inizierà l’1 giugno a un ritmo di 47,5 miliardi al mese, salvo salire a 95 miliardi dopo un trimestre. Il conto lo paga l’Europa. E infatti, nessuna indicazione di active selling di quei titoli a bilancio. E, soprattutto, un vivace colpo di evidenziatore sulla natura flessibile di quella contrazione, in modo da assicurare un ampio livello delle riserve ed evitare criticità al mercato: tradotto, al primo segnale di asfissia sulla liquidità, si rallenta. O, magari, si frena del tutto.
Certo, formalmente un aumento dei tassi di 50 punti base ci riporta al maggio del 2000, ovvero all’esplosione della bolla dot-com. Quindi, l’effetto scenico da precedente storico è garantito. Ma la reazione di Wall Street tradisce il fatto che nessuno può credere che davvero la Fed decida di imporre un crono-programma di altri 11 aumenti dei tassi con la crescita allo 0,4% e in peggioramento, il livello dei risparmi personali già all’osso dopo la festa salariale dei programmi pandemici e il peggior inizio anno per l’azionario da decenni: è uno show. Anzi, una sciarada, Come nei libri di Arthur Schnitzler. O nella trasposizione cinematografica della sua opera più famosa, quel Doppio sogno divenuto delirio onirico dell’Eyes wide shut di Stanley Kubrick.
E a garantire la credibilità della messa in scena ci pensa l’Europa, la quale - a differenza degli Usa - le sanzioni contro Mosca le ha messe e continua a metterle, operando da acceleratore di una crisi globale che una volta esplosa vedrà la Fed nella condizione ideale di aver già finto un QT e poter tranquillamente bloccare la macchina. E fare marcia indietro. Perché l’epicentro sarà altrove. E Washington avrà il vantaggio di muoversi per prima.
Questo grafico
mostra chiaramente quale sia la dinamica già in atto oggi in Cina: gli ordinativi stanno calando più velocemente della produzione, sintomo che il livello di attività economica resterà pesantemente depresso quantomeno nel breve termine. Ciò che serve agli Usa, poiché a differenza dell’Europa possano contare su una criticità esiziale in meno: l’energia. Questo altro grafico
mostra chiaramente come il solo parlare di embargo europeo sul petrolio russo abbia paradossalmente messo le ali al prezzo del gas naturale statunitense, il quale prezza quindi in anticipo il precipitare auto-alimentate della situazione energetica Ue nel brevissimo termine. Quella valutazione non si toccava dal 2008 e con le elezioni di mid-term fra sei mesi, certamente Joe Biden non rischierà effetti di erosione del potere d’acquisto interno per aiutare gli alleati a liberarsi dal giogo di Mosca.
Insomma, paradossalmente la Fed può giocare al poliziotto cattivo con l’inflazione e garantirsi la stima dei cittadini, i quali tenderanno a dimenticare del tutto i mesi di sottovalutazione di ciò che era ritenuto un fenomeno transitorio, Tanto a far precipitare il quadro e riattivare quindi le dinamiche emergenziali a livello monetario ci penserà quasi certamente il Trichet moment che la Bce prepara per il mese di giugno. O al più tardi luglio. A quel punto, il timore di un altro 2008 sui mercati e a livello macro spedirà in cantina il fantasma dell’inflazione e riattaccherò la spina alle presse stampa-soldi. E il Dow Jones che sale di 600 punti alla fine della conferenza stampa di Jerome Powell pare confermare questa lettura.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Argomenti