Flat Tax, Salvini vuol far fuori Tria per tagliare le tasse ma intanto lo spread torna a salire

Alessandro Cipolla

26/07/2019

È già iniziato l’assalto della Lega a Palazzo Tesoro in vista della legge di Bilancio 2020, con Claudio Borghi prima e Matteo Salvini poi che hanno lanciato più di un avvertimento a Giovanni Tria in merito alla Flat Tax: senza un taglio delle tasse nella manovra, il ministro può anche saltare.

Flat Tax, Salvini vuol far fuori Tria per tagliare le tasse ma intanto lo spread torna a salire

Ormai la strategia della Lega sembrerebbe essere chiara: i grandi nemici per la battaglia d’autunno sulla legge di Bilancio 2020 saranno Ursula von der Leyen e Giovanni Tria, rispettivamente nuova presidente della Commissione Europea e ministro dell’Economia del governo gialloverde.

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Il grande obiettivo di Matteo Salvini per la prossima manovra è quello di proseguire nella strada della progressiva realizzazione della Flat Tax, con i redditi fino a 50.000 euro che vedrebbero scendere il calcolo delle proprie tasse al 15%.

Per realizzare questa riforma fiscale però il Carroccio avrà bisogno di due pareri positivi: il primo è quello del Ministero dell’Economia, il secondo è invece quello della Commissione Europea.

Visto che il ministro Tria continua a ribadire come sia sua intenzione realizzare una manovra prudente, Salvini è stato subito chiaro che senza il taglio delle tasse non ci sarà spazio per entrambi nel governo gialloverde.

Quanto alla von der Leyen, il sentore è che si andrà verso un nuovo scontro frontale con Bruxelles come successo lo scorso anno, tanto che lo spread è tornato a salire (+4% oggi dall’apertura) avvicinandosi di nuovo ai 200 punti base.

Salvini vuole la Flat Tax

Se lo scorso anno era la Quota 100 il provvedimento da inserire a ogni costo all’interno della manovra, per la legge di Bilancio 2020 invece il mantra della Lega sarà quello della Flat Tax da portare avanti con una riforma fiscale.

Il primo tassello per la Flat Tax, ovvero una tassa piatta per tutti i contribuenti, è stato già messo nel 2019 con l’estensione del regime forfettario del 15% anche per le partite Iva con un volume d’affari fino a 65.000 euro.

Il secondo step secondo il Carroccio dovrà essere quello di una tassazione al 15% anche per tutti i redditi fino a 50.000 euro. Un’operazione del genere avrebbe però un impatto annuo sui conti di circa 15 miliardi.

La Lega da tempo dice di aver pronte le coperture per poter sostenere questa misura, anche se ancora non sono state rese note, che però nella legge di Bilancio 2020 si andrebbe a sommare con i 23 miliardi che dovranno essere trovati per evitare l’aumento dell’Iva a partire dal gennaio.

A inizio luglio, per evitare la procedura di infrazione, il nostro governo oltre ad aver portato in dote un tesoretto per sistemare i conti del 2019, si è anche impegnato formalmente con l’Europa a rispettare i vincoli di bilancio nel 2020.

Matteo Salvini però è fermo sulla sua posizione di volere a prescindere inserire la riforma fiscale nella prossima manovra, con il vicepremier forte del plebiscitario consenso popolare che è pronto a forzare la mano sia a Roma che a Bruxelles.

Tria con la valigia pronta

Con un Movimento 5 Stelle quasi allo sbando e ormai totalmente appiattito sulle posizioni della Lega, complice anche il terrore di tornare al voto dove i pentastellati ne uscirebbero fuori fortemente ridimensionati rispetto al 2018, nel governo il grande oppositore al piano del Carroccio per la riforma fiscale è Giovanni Tria.

Il titolare di Palazzo Tesoro infatti di recente ai microfoni di Sky ha ribadito come nella manovra “ci sarà un deficit molto contenuto, quello che serve all’economia italiana”, mentre a riguardo della Flat Tax l’obiettivo del ministro sarebbe soltanto quello di rivedere le aliquote Irpef senza però attuare una vera e propria riforma.

Parole queste che hanno subito provocato la dura reazione dei leghisti. Claudio Borghi per primo ha lanciato una sorta di avvertimento a Tria: “Le nostre sono idee e proposte e le idee spesso durano di più dei ministri o dei deputati”.

Ancora più esplicito a riguardo è stato a stretto giro Matteo Salvini intervistato da Radio 24: “Se il ministro dell’economia del governo di cui orgogliosamente faccio parte dice che per quest’anno di taglio delle tasse non si parla, e lo facciamo tra un anno tra due anni il problema sono io o è lui. Cosa faccio, una manovra all’acqua di rosa? L’Italia ha bisogno di uno choc fiscale”.

Il messaggio quindi è chiaro: la Lega che ormai detiene il timone del governo e ha la forza per dettare l’agenda politica vuole a ogni costo la riforma fiscale, se Tria è contrario allora sarà difficile una sua permanenza al MEF.

Il cambio del ministro dell’Economia mentre si sta imbastendo la manovra non è una cosa semplice, ma di certo per il Carroccio sarebbe molto più facile rispetto all’ottenere poi il via libera a una legge di Bilancio espansiva da parte dell’Europa.

Votando contro la nomina di Ursula von der Leyen a capo della Commissione Europea, a differenza del Movimento 5 Stelle che invece si è espresso a favore, la Lega ha già posto le basi per il leitmotiv dell’Europa che impedisce al governo di tagliare le tasse.

Matteo Salvini quindi è pronto alla battaglia autunnale sulla manovra: se per superare il problema rappresentato dal ministro Tria potrà bastare anche il fioretto, per avere la meglio su Bruxelles però forse non basterà neanche la spada.

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