In Europa qualcosa sta cambiando: sempre più Fondi pensione adottano strategie che prevedono un’azione di “engagement e “voting”. In Italia l’attività degli istituzionali poggia su strategie impacting e Sustainability Themed
La sensibilità ai temi della sostenibilità cresce sempre più anche in finanza, fra gli investitori istituzionali come i fondi pensione.
Gli asset sostenibili sono in continua crescita in Europa, dove secondo lo European Sri Study di Eurosif il totale degli asset under management (AuM) ha raggiunto un volume totale di 20 trilioni di euro a fine 2018.
L’Italia è tra i Paesi che crescono di più in termini di asset sostenibili: +154% nell’ultimo biennio a quota 1,5 trilioni di euro. A sostenere la crescita sono soprattutto due strategie: l’impacting (pari a 51 miliardi di euro su un totale di 108 miliardi per tutta l’Europa); e la Sustainability Themed, che ha raggiunto il traguardo dei 53 miliardi.
Fondi pensione e criteri Esg: attenzione alla tassonomia
In Europa parlare genericamente di Esg può essere fuorviante, in quanto dietro questa etichetta sono raggruppati prodotti molto diversi tra di loro per struttura e strategia sottostante.
La tassonomia riportata da Eurosif classifica i fondi sostenibili in sette categorie, ognuna delle quali integra i fattori Esg nella ricerca, analisi e selezione dei titoli in portafoglio, con l’obiettivo di catturare i migliori ritorni di lungo termine per l’investitore, assicurandosi, nel contempo, che il comportamento delle aziende sottostanti sia benefico per la società.
«Per quanto riguarda le categorie, si va dalla più semplice esclusione di interi settori (armi, alcol, tabacco, pornografia) a quelle più complesse dell’impact investing e del sustainability themed investment, il primo raccogliendo gli investimenti che producono un impatto positivo su ambiente e società; i secondi i macrotrend secolari», ha spiegato Marco Ghilotti, Analista Esg e Senior manager – Institutional Clients di Pictet Asset Management.
Tra le strategie complesse compare anche quella dell’Engagement, che prevede il coinvolgimento diretto dell’investitore il quale esprime il proprio voto sulle questioni attinenti alla sostenibilità sollevate all’interno delle assemblee degli azionisti o direttamente con il management. In mezzo, la best-in-class investment selection, la norms-based screening e l’integrazione.
Italia, mercato dei fondi sostenibili cresce a tre cifre
In Regno Unito, Olanda, Svezia, dove la cultura dei fondi pensione è più evoluta, l’attività di engagement è sensibilmente superiore rispetto alla media europea.
Ghilotti fa notare che in Europa prevale ancora la strategia dell’esclusione, «che caratterizza quasi la metà dei fondi Esg europei, per un volume di 9,5 miliardi di euro».
Tuttavia, la seconda strategia per dimensioni è quella che prevede un’azione di “engagement e “voting” e cresce al ritmo del 27% annuo, indicando che qualcosa, anche nel mondo della sostenibilità, sta cambiando. E anche velocemente.
«I Paesi con i maggiori tassi di crescita nell’area, nell’ultimo biennio, sono stati Polonia (+159%) e Italia (+154%). L’Italia ha raggiungo asset superiori a 1,5 trilioni di euro: anche in questo caso le strategie di esclusione sono preponderanti. Tuttavia, il nostro è il Paese con la fetta maggiore di investimenti cosiddetti impacting (pari a 51 miliardi di euro su un totale di 108 miliardi per tutta l’Europa); la strategia Sustainability Themed ha segnato il maggior tasso di crescita negli ultimi tre anni, raggiungendo il traguardo dei 53 miliardi», ha illustrato l’asset manager.
I vantaggi per i fondi pensione che investono in Esg
Per i fondi pensione che credono con fermezza nell’adozione dei criteri Esg quali sono i vantaggi più concreti.
«Le strategie Esg più sofisticate hanno dimostrato di essere anche quelle capaci, nel lungo termine, di garantire le performance migliori», sostiene Ghilotti, aggiungendo l’idea che «un indicatore grezzo come il confronto tra l’indice MSCI World ESG Net Total Return, che rappresenta azioni di tutto il mondo rispettose dei criteri ESG, e l’indice MSCI AC World Daily Net Total Return, il premio ESG cumulato dal 2007 a tutto il primo trimestre 2019, ammonta al 6% circa».
Conferme anche dal mondo accademico. Secondo un recente studio del Politecnico di Milano che ha preso in considerazione l’EUROSTOXX 600 nel periodo 2012-2017, l’over-performance è di quasi il 3% annuo per le aziende ad alto punteggio ESG nei confronti di quelli a basso punteggio. Le aziende con alto rating Esg sono, infatti, anche le più efficienti nell’aumentare i volumi di fatturato e nel migliorare la marginalità operativa: nei cinque anni osservati, i titoli caratterizzati dal punteggio Esg più elevato hanno registrato una performance cumulata dell’86,1% (13,2% annualizzata) contro il 70,9% (11,3%) dei portafogli a basso contenuto di Esg.
Controllo del rischio
Le strategie Esg che, come notato, diventano sempre più impacting e basate sui megatrend, sono quelle dunque maggiormente in linea con gli obiettivi di rendimento e stabilità nel lungo periodo, ma anche di controllo del rischio degli investitori istituzionali.
Secondo un recente studio accademico (ESG Shareholder Engagement and Downside Risk di Andreas G. F. Hoepner, Ioannis Oikonomou, Zacharias Sautner, Laura T. Starks, il value at risk (Var), il parametro che indica la probabilità di perdita massima potenziale, in sostanza il rischio finanziario di un titolo o un portafoglio, è ridotto mediamente del 20% dall’engagement.
«In generale, il rischio è costantemente inferiore nei casi in cui la politica Esg di un’azienda è riuscita a centrare almeno due obiettivi che si era prefissata; la governance ottiene l’effetto più forte. E non è un caso che i Fondi pensione italiani (e in generale europei) guardino con sempre maggiore interesse a questo approccio», ha chiosato il gestore di Pictet AM.
© RIPRODUZIONE RISERVATA