Facciamo chiarezza sugli obblighi vaccinali del comparto Difesa e sulla prospettiva futura dell’inoculazione della terza dose anti-Covid.
In attesa di un decreto ufficiale sulle nuove misure relative al Green Pass e alle future norme restrittive che verranno introdotte nei periodi di festività, si torna a parlare di obbligo vaccinale e delle posizioni politiche in merito a questo tema così controverso.
Tempo fa si era discusso a lungo del forte assenteismo di alcuni comparti Difesa ad esempio. L’«inadempienza» di alcuni membri delle fila delle Forze di Polizia e delle Forze Armate aveva fatto indignare molti cittadini che vedevano in questo settore specifico della società un vero e proprio modello di comportamento socialmente responsabile.
Viene quindi da chiedersi se in realtà non ci sia una specifica pressione alla vaccinazione almeno per questa categoria professionale. Facendo il punto della situazione sullo stato attuale è giusto dire che nell’ambito poliziesco e militare sia vigente una sorta di obbligo vaccinale non dichiarato?
Nessun obbligo per il comparto, almeno per ora
Chiariamo subito che no, allo stato attuale, non sussiste alcuna obbligatorietà per le Forze Armate per le Forze di Polizia alla vaccinazione contro il Covid-19. Questo principio si richiama in primo luogo all’articolo 32, comma 2, della Costituzione ai sensi della quale:
«Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge (inoltre) non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana».
Si rileva inoltre che la componente di libera adesione alla campagna vaccinale è stata specificata anche nelle circolari interne al comparto e indirizzate al personale militare.
Non esiste poi neppure l’obbligo di sottoscrivere una dichiarazione scritta di esplicito rifiuto del singolo militare di sottoporsi alla vaccinazione.
Come molti legali ed esperti del settore hanno infine ribadito, il dato vaccinale deve anche essere considerato un dato sensibile ovvero sottoposto alla tutela rafforzata del codice della Privacy D.Lgs. 196/2003 e dal Reg. UE 670/2016 (GDPR).
A tal proposito il Consiglio d’Europa con la risoluzione 2361/2021 aveva anche stabilito che nessuno può essere vaccinato contro la sua volontà e che dalla decisione in questione non devono derivare in alcun modo discriminazioni o conseguenze negative sul piano lavorativo e/o disciplinare.
Se però tutto cambia si parte proprio da qui
Sebbene però questo sia lo stato attuale delle cose si sta valutando seriamente un’inversione di rotta più o meno generalizzata.
Sull’argomento vaccino obbligatorio è infatti tornato a rispondere ai giornalisti anche il presidente dell’Agenzia italiana del farmaco e membro del Comitato tecnico scientifico, Giorgio Palù, che ha spiegato alla testata La Stampa che l’obbligo vaccinale non è affatto un tabù per i vertici delle istituzioni al momento:
«È già in atto per gli operatori sanitari ed è stato introdotto, ai tempi della ministra Lorenzin, per alcune vaccinazioni pediatriche».
Basti pensare al fatto che il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, ha già ufficialmente annunciato che l’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari e sociosanitari, finora previsto solo per il ciclo di vaccinazione, verrà esteso anche alla terza dose.
Ricordando il precedente dell’epoca Lorenzin Palù però ha voluto aggiungere anche una considerazione mirata:
«Sarebbe auspicabile che almeno i dipendenti della Pubblica Amministrazione e le Forze dell’Ordine fossero obbligati a vaccinarsi essendo a stretto contatto con la popolazione».
Un’eventuale estensione dell’obbligo vaccinale insomma partirebbe proprio dalle categorie di lavoratori sopracitate e forse anche dagli insegnanti. Il motivo risiede nel valore sociale e morale che gli stessi ricoprono all’interno della comunità. Ricordiamo bene come, dopo i medici e i sanitari, erano già stati al centro della prima turnazione professionale della campagna contro il Covid.
Ad eccezione delle categorie indicate però, per il presidente di AIFA, l’obbligo per tutti resta ancora una «soluzione estrema da valutare in base all’andamento della pandemia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA