Gli italiani non vogliono (più) fare gli imprenditori

Francesca Caiazzo

08/02/2018

In Italia manca lo spirito imprenditoriale: il nostro Paese occupa il 51esimo posto a livello mondiale anche per tasso di neoimprenditorialità

Gli italiani non vogliono (più) fare gli imprenditori

Fare impresa in Italia è sempre più difficile? Sembrerebbe di sì, almeno stando ai risultati di una ricerca mondiale che pone il nostro Paese al quartultimo posto per spirito imprenditoriale e tasso di imprenditorialità.

Sui 54 Paesi presi in considerazione, l’Italia si posiziona al 51esimo posto nell’elenco elaborato da Global Entrepreneurship Monitor, rapporto a cura di Babson College e London Business School.

La classifica

Sul podio della speciale classifica stilata in basa allo spirito imprenditoriale dei Paesi di riferimento, troviamo Arabia Saudita, Libano e Indonesia mentre all’ultimo posto si posiziona il Giappone.
L’Italia come detto è quartultima con uno predisposizione a fare impresa piuttosto bassa.

Ma inferiore a quasi tutti gli altri Paesi esaminati è anche il tasso di neoimprenditorialità. Stando al nuovo indice elaborato da Gem nel 2018, il Belpaese conferma anche su questo fronte la 51esima posizione: solo il 4,3% di persone in Italia ha avviato una nuova attività imprenditoriale negli ultimi 42 mesi
Il podio dei peggiori spetta a Bosnia Erzegovina, Francia e Bulgaria.

L’Italia non è terra di imprenditori?

Navigatori e poeti ma non imprenditori. Gli italiani, dunque, non sono animati da spirito imprenditoriale né hanno desiderio di avviare una propria attività. Ma perché?

Quasi uno su tre degli intervistati (il 30%) ha dichiarato di non sentirsi all’altezza mentre il 28% ritiene che il mercato attuale non offra abbastanza opportunità per investire.

Ma a penalizzare lo spirito imprenditoriale degli italiani è soprattutto il timore di non farcela e andare incontro a un fallimento: la pensa così la metà degli intervistati.

Focus sul dato italiano

La situazione, sul fronte del dato relativo allo spirito imprenditoriale, non è molto diversa anche in altri Paesi europei come Francia, Spagna e Germania. Ciò che però fa la differenza è la competitività, altra nota dolente tutta italiana.

Un’analisi più articolata del dato dell’Italia la sta realizzando l’Università Politecnica delle Marche. In una recente intervista, Francesca Micozzi, ricercatrice del gruppo che sta approfondendo il fenomeno, ha sottolineato:

“In generale il rapporto evidenzia che sono sempre di più le imprese che nascono seguendo delle concrete opportunità di mercato (74% del totale), anziché la necessità di uscire dalla disoccupazione, così come scendono in maniera preoccupante le opportunità di lavoro generate dall’impresa”.

Mettendo dunque da parte la personale predisposizione, quali sono, dunque, gli ostacoli che potrebbero frenare la nascita di nuovi imprenditori in Italia?

Scarsi strumenti finanziari per le imprese, un opprimente sistema fiscale, scarse opportunità di sostegno pubblico e ancora il sistema infrastrutturale e quello scolastico non particolarmente adeguati.

Va meglio, invece, sul fronte del trasferimento tecnologico e dei regolamenti per l’ingresso al mercato: su questi temi, l’Italia riesce finalmente a scalare la classifica posizionandosi nella parte alta.

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