Goldman Sachs tuona contro la Federal Reserve: basta preoccuparsi per il rafforzamento del dollaro, non avrà conseguenze negative sul tasso di inflazione.
Goldman Sachs invita la Federal Reserve a mettere da parte le preoccupazioni per la crescita di valore che il dollaro sta registrando dal 2014. Gli obiettivi relativi al tasso di inflazione non saranno condizionati dalla moneta nazionale.
Secondo la banca d’investimento, le conseguenze negative che l’apprezzamento del dollaro USA causa alle importazioni sono state già pienamente assorbite dall’economia.
La Fed non deve temere un ulteriore rafforzamento del dollaro, Goldman Sachs garantisce che non sarà determinante per il futuro dell’inflazione.
Goldman Sachs: la forza del dollaro non è un problema
Goldman Sachs si è espressa in maniera decisa sulla situazione attuale del dollaro e sulle influenze che il rafforzamento della moneta USA può causare all’economia statunitense, con particolare riferimento al tasso di inflazione e ad un suo possibile calo.
Dal 2014 l’indice spot del dollaro di Bloomberg, di seguito riportato, ha visto un rialzo pari quasi al 20%, con un nuovo accenno alla risalita dopo i giorni di deprezzamento della scorsa settimana:
La maggior parte degli effetti del rialzo del dollaro sui prezzi di importazione, secondo Goldman Sachs, si sono già realizzati. Secondo questo motivo la minaccia portata da un ulteriore apprezzamento del dollaro non deve essere considerata.
Di sicuro si tratta di buone notizie per tutti coloro che scommettono su una risalita del dollaro causata dalla divergenza nelle politiche monetarie operate dalla Fed e dalle altre banche centrali, in particolare BCE e BoJ, che può portare ad un dollaro sempre più forte.
La posizione predominante che il dollaro potrà assumere non deve quindi preoccupare la Fed per quanto riguarda l’inflazione. Gli obiettivi sui quali vorrà mantenersi dipenderanno soprattutto dal timing dei futuri interventi di politica monetaria e di rialzo dei tassi di interesse.
Goldman Sachs suggerisce a riguardo come la banca centrale americana abbia meno ostacoli verso il rialzo dei tassi di interesse di quanti non ne appaiono guardando alle reazioni del mercato.
Gli investitori sembrano infine essere d’accordo con i contenuti dell’ultimo report di Goldman Sachs.
Il gap tra i rendimenti tra i titoli del Tesoro non indicizzati e quelli nominali a 10 anni ha da poco raggiunto il massimo dallo scorso agosto. Questa misura indica che la stima dell’inflazione media della prossima decade è pari a 1,59%, contro l’1,2% del mese precedente.
Quindi per quanto l’apprezzamento del dollaro rimanga sicuramente un elemento importante nella valutazione delle politiche monetarie ed economiche degli USA, non rappresenta di certo un fattore determinante per l’abbassamento del tasso di inflazione, previsto in crescita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA