Green pass o bypass per una legge Hartz? Il listino prezzi dei microchip parla chiaro

Mauro Bottarelli

18 Settembre 2021 - 13:00

Le fabbriche hanno lavorato con il solo distanziamento durante le prime due ondate: perché queste fretta e intransigenza? Uno stress test di accettazione per un nuovo mercato del lavoro. Stile Troika

Green pass o bypass per una legge Hartz? Il listino prezzi dei microchip parla chiaro

Manpower Group ha appena pubblicato il suo Employment Outlook Survey relativo al terzo trimestre di quest’anno. E’ un pdf liberamente scaricabile del sito. Ed è molto interessante. Dice, sostanzialmente, che il 69% dei titolari di attività interpellati nelle 43 nazioni prese in esame lamenta carenza di personale qualificato di cui necessiterebbe. E il campione demoscopico è di quelli decisamente qualificati, quasi 45.000 persone. In tutto il mondo. Per il secondo trimestre di fila, il dato ha toccato il massimo da 15 anni.

Al fine di superare questa criticità, il 67% dei datori di lavoro ha deciso di offrire ai potenziali dipendenti maggior flessibilità sia di orario che di locazione del lavoro, mentre il 41% ritiene che la sfida si vinca investendo in sviluppo delle capacità, addestramento e mentoring. Ecco come Jonas Prising, presidente e CeO di Manpower Group, ha commentato le risultanze dello studio: La ripresa in atto sarà difficilmente comparabile a quelle che abbiamo visto in passato, visto che la caccia all’assunzione e alla ricerca di personale sarà molto più rapida e decisa di prima. Allo stesso tempo, però, una parte di lavoratori continua a mostrarsi esitante verso le proposte dei datori di lavoro, poiché permangono le criticità legate a preoccupazione per la salute e la cura dei figli.

Insomma, il fall-out della pandemia e dell’abuso obbligato di smart working. Ora, resta però un fatto: se il mondo cerca disperatamente lavoratori qualificati, perché il governo italiano sta spingendo - con modalità che non ha paragoni fra i colleghi europei - verso un green pass totale. il quale rischia invece di limitare la platea di dipendenti arruolati e arruolabili? Solo una questione di prioritaria tutela della salute pubblica, a sua volta fondamentale per evitare nuovi lockdown dell’economia? E perché quel no netto, apparentemente senza margine di trattativa, alla richiesta dei sindacati di tamponi gratis per i lavoratori non vaccinati, quasi si volesse stroncare sul nascere ogni ipotesi di mediazione e concertazione?

Oltretutto, facendo trapelare il sospetto che Palazzo Chigi operi in questa maniera per la convinzione aprioristica e granitica di parti sociali che non mostreranno resistenze, limitandosi magari a formali minacce di sciopero e organi dello Stato che lastricheranno la strada da ogni potenziale ostacolo legato alla privacy. Eppure, sempre in contemporanea, il Paese deve fronteggiare oltre 80 crisi aziendali, fra ufficialmente aperte e monitorate dai ministeri competenti (Lavoro e Sviluppo economico). Insomma, in un mondo che brama lavoratori, l’Italia pare andare in controtendenza: vede aumentare le file dei disoccupati da delocalizzazione e stringe le maglie dei criteri sanitari di eccesso e abilitazione sociale al lavoro.

Forse una risposta sta nella natura di una larga parte dell’industria italiana, soprattutto nel Nord: componentistica e meccanica di precisione. Quasi sempre destinate a un export di eccellenza verso mercati come quello tedesco, il cui comparto auto infatti vive in simbiosi con le parti progettate e prodotte nel nostro Paese. Ma quel mercato sta patendo. Molto. Produzioni rallentate o sospese su turnazione, taglio degli outlook di produzione già fino al quarto trimestre. E poi, un qualcosa che non si sta prendendo debitamente in considerazione: il rischio di un cambio totale di paradigma produttivo.

Questa tabella

Stime di aumento dei prezzi per i microchip (agosto 2021 su base annua) Stime di aumento dei prezzi per i microchip (agosto 2021 su base annua) Fonte: Nikkei/Nomura/Counterpoint

mostra gli aumenti già preventivati dalla Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, leader mondiale nella produzione dei micro-chip per il 2022. Un bagno di sangue. E attenzione: forte proprio del suo ruolo di leader, la TSMC già operava su un regime di duplice deroga rispetto ai competitor più piccoli. Primo, le sue fees di produzione erano più alte di circa il 20%, potendo farsi forte di clienti fissi come Apple, Nvidia e Qualcomm che garantivano da soli un regime di quasi monopolio. Secondo, l’azienda taiwanese è nota sul mercato per il business parallelo del cosiddetto double-booking, ovvero accettare ordinazioni molto superiori alle reali esigenze produttive dei clienti.

Il cui scopo, fiutata l’aria, era quindi quello di fare scorte di micro-chip. semiconduttori e circuiti integrati prima che sparissero dalla circolazione. O fossero venduti a peso d’oro. Effetto collaterale duplice, però. Da un lato questa strategia opera da driver auto-alimentante delle scarsità di offerta, dall’altra non consentiva a TSMC di avere il polso della domanda reale, basata cioé su reali necessità di output e non su una sorta di contango da chip. Fino ad ora, questi due privilegi da rendita di posizione avevano permesso al colosso di Taiwan di evitare aumenti dei prezzi, già posti in essere da rivali meno accreditati ma anche dal terzo produttore al mondo, United Microelectronics.

Oggi, la svolta. Obbligata ma anche strategica, dopo aver messo a bilancio 100 miliardi di dollari di spesa in CapEx per i prossimi tre anni, al fine di dare risposta alle esigenze del mercato. E decisamente rivoluzionaria, poiché a fronte della fine del regime di double-booking e dell’aumento - in alcuni casi, enorme - dei prezzi della componentistica, i produttori di auto o di telefonini si troveranno di fronte a scelte nette di politica industriale. Ad esempio, facilmente si punterà su smart-phone di alta gamma e alto prezzo, piuttosto che su quelli di media. E se l’impatto dei prezzi aumentati della TSMC si sentirà maggiormente dal prossimo anno, la guerra è già in atto oggi, poiché l’aggiornamento del tariffario entrerà in vigore dal 1 ottobre e in queste ore i principali clienti stanno scatenando vere e proprie battaglie campali per chiudere contratti di fornitura ai vecchi prezzi e garantirsi la consegna degli ordini già esistenti.

E che la situazione sia estrema lo confermano i dati offerti a Nikkei dal direttore delle ricerche di Counterpoint Research, Dale Gai, a detta del quale già oggi gli sviluppatori di chip stanno pagando un 40% di fees sulla produzione a causa dei colli di bottiglia sull’offerta, mentre va peggio ai chi opera nel ramo dell’elettronica, visto che alcuni processori di micro-controllo hanno visto il loro prezzo passare da 20 centesimi a oltre un dollaro, più del 400% di aumento in meno di un anno. E lo stesso Dale Gai conferma come i margini siano ormai strettissimi i tutti i settori, soprattutto quelli trainanti come la telefonia: I margini di profitto netto per produttori di smartphone che non siano Apple già oggi sono tra il 5% e il 10% soltanto. In condizioni simili, è ovvio che un drastico aumento del costo dei chip opererà come driver delle scelte industriali e sul focus della produzione.

L’alternativa a una maggior concentrazione sull’alta gamma, quasi immune alle crisi, è infatti quella di un aumento a cascata dei prezzi sull’intera filiera. Di fatto, gravando sul consumatore finale.

Percentuale di manager Usa che si attende un aumento dei margini corporate Percentuale di manager Usa che si attende un aumento dei margini corporate Fonte: Bank of America

E i microchip, si sa, ormai sono fondamentali ovunque, dall’elettrodomestico più comune al pc, dal telefono all’automobile alla smart-tv. Servirà insomma meno manodopera e più qualificata? Occorrerà lavorare su turnazioni differenti e schedules che non rispettano più i tempi della produzione standardizzata ma quelli scadenzati dalle dinamiche rappresentate in questi grafici?

Trend dei prezzi di noleggio container sulle principali rotte commerciali Trend dei prezzi di noleggio container sulle principali rotte commerciali Fonte: Arbor Data Science
Prezzo di noleggio container (40 piedi) sulla rotta Shanghai-Los Angeles Prezzo di noleggio container (40 piedi) sulla rotta Shanghai-Los Angeles Fonte: Bloomberg
Numero di natanti commerciali ancorati o al largo dei porti di Los Angeles e Long Beach Numero di natanti commerciali ancorati o al largo dei porti di Los Angeles e Long Beach Fonte: Marine Exchange of Southern California

Costi del trasporto via container e tempi di consegna, infatti, non conoscono requie nel loro trend di aumento. I container ancorati al largo della San Pedro Bay, di fronte all’hub pacifico di Los Angeles e Long Beach, il 15 settembre hanno toccato il numero record di 61. Se anche si arrivasse a velocità da record al raggiungimento del picco, i tempi per una normalizzazione fra domanda e offerta paiono chiaramente destinati a esondare quantomeno al secondo trimestre del 2022.

Senza scordare la variabile del caro energia, la quale ha ampiamente dimostrato l’insussistenza della tesi legata alla transitorietà e vede molti governi europei, Italia in testa, costretti a interventi emergenziali di leva fiscale. Stiamo entrando in un nuovo mondo del lavoro, una realtà post-Covid che in realtà andrebbe declinata come post-globalizzazione e post-contrattazione collettiva, nel senso stretto del termine? Il green pass estremo voluto dal governo Draghi, di fatto, sarà il cavallo di Troia per una riforma Hartz IV con 20 anni di ritardo, più che il lasciapassare sanitario per evitare nuovi lockdown? Le dinamiche in atto sembrano parlare questa lingua.

Le fabbriche italiane hanno lavorato quasi a pieno con il solo distanziamento e le norme di prevenzione basilari durante le prime due ondate, ora invece si impone un nuovo ordine di carattere esclusivo. E il dato lombardo del primo giorno dopo l’annuncio del Consiglio dei ministri, record di prenotazioni per vaccinarsi, è stato lampante nel descrivere il livello di acritica e rassegnata accettazione del nuovo regime da parte dei lavoratori. Come, d’altronde, il silenzio compiaciuto di Confindustria e il formale atto di mera testimonianza in cui si è sostanziata la convocazione dal sindacato a Palazzo Chigi. Qui non si tratta di imporre norme al fine di non chiudere a causa di nuovi lockdown, bensì preparare un nuovo assetto di relazioni industriali finalizzato a sopravvivere a una crisi post-pandemica che ancora si finge di non vedere.

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