Prima la linea dura, poi toni conciliatori. Quella che sembra una delle tipiche tattiche negoziali di Trump potrebbe nascondere risvolti molto più pratici. Vediamo perché.
Entrato in vigore l’aumento i dazi, il listino di Shanghai ha chiuso in rialzo di oltre tre punti percentuali.
Quello che sembra un andamento contraddittorio, in realtà è legato alle dichiarazioni arrivate nella notte italiana dagli Stati Uniti, dove Donald Trump ha dichiarato di aver ricevuto una «beautiful letter» dal presidente cinese, Xi Jinping, e annunciato che probabilmente ci sarà un colloquio telefonico.
Le trattative tra le due superpotenze proseguono: ieri il vice premier cinese Liu He ha cenato con il segretario di Stato Steve Mnuchin e per oggi sono in calendario nuovi incontri.
Anche se quella di mandare segnali contrastanti nel corso di una trattativa rappresenta una delle tecniche negoziali maggiormente utilizzata dal presidente Usa, gli esperti ritengono che questa volta l’inversione a U potrebbe celare motivazioni più pratiche.
Guerra commerciale: e se Pechino smettesse di acquistare Treasuries?
Anche se a disposizione di Pechino ci sono le possibili ritorsioni e la svalutazione dello yuan (ma entrambe le misure presentano forti effetti collaterali), probabilmente a convincere il presidente statunitense ad utilizzare un approccio maggiormente conciliante potrebbe essere stato l’esito delle ultime due aste, quelle che si sono svolte il 7 e l’8 maggio.
La Cina è un grande acquirente di titoli di stato a stelle e strisce e un eventuale riduzione dello shopping è destinata a spingere al rialzo i rendimenti del debito Usa.
Proprio quello che vuole evitare il presidente, che non perde occasione per invitare la Federal Reserve a tagliare i tassi ed a varare nuove misure di stimolo (esattamente il contrario di quello che chiedeva da candidato alla Casa Bianca).
Guerra commerciale: richieste per decennali Usa ai minimi da 11 anni
Nell’appuntamento in calendario martedì scorso, l’asta di titoli triennali si è chiusa con richieste ai minimi da inizio anno mentre i 27 miliardi di decennali collocati il giorno dopo hanno registrato un tasso bid-to-cover, il rapporto tra richieste e importo offerto, di 2,17, il livello minore dal marzo del 2008.
Il rendimento di conseguenza si è spinto al 2,479%, contro il 2,46% previsto.
I dealer sono stati costretti a detenere il 35,2% delle emissioni, quasi il doppio rispetto al 19,6% di un mese prima.
Guerra commerciale: rendimenti Treasury destinati a salire?
Anche se ovviamente la Cina non può smettere di punto in bianco di acquistare titoli del debito statunitense, è ovvio che quelli lanciati da Pechino rappresentano segnali importanti.
Oggi la Cina è il maggior detentore di titoli a stelle e strisce con circa 1,1 mila miliardi di debito, sui livelli minori degli ultimi due anni, e una riduzione della quota è destinata a spingere al ribasso i prezzi, facendo salire i rendimenti. In vista delle elezioni, forse è meglio tornare a trattare.
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