Trade war: cosa ne pensano gli analisti?

Mattia Prando

6 Agosto 2019 - 15:05

Negli ultimi giorni, sono diversi gli analisti e i gestori che hanno espresso la loro opinione sugli ultimi sviluppi commerciali tra Usa e Cina. Vediamone alcuni

Trade war: cosa ne pensano gli analisti?

La guerra commerciale tra Usa e Cina è sotto i riflettori negli ultimi giorni a causa del riaccendersi delle tensioni tra le due superpotenze. Il via alla nuova escalation è stato dato lo scorso giovedì primo agosto, quando il Presidente statunitense, Donald Trump, ha annunciato dazi del 10% su 300 miliardi di dollari di beni cinesi a partire dal prossimo primo settembre.

Questo è bastato a scatenare forti vendite sul mercato azionario, accompagnate da acquisti su beni e valute rifugio e bond. Il fronte cinese ha prontamente risposto con il blocco delle importazioni di prodotti agricoli dagli Stati Uniti. In questo quadro, lo Yuan ha raggiunto i minimi dopo oltre 11 anni contro il biglietto verde, fatto che ha scatenato aspre critiche da parte di Washington, che ha aggiunto il Dragone nella lista di Paesi che “manipolano la propria valuta”.

Negli ultimi giorni, sono diversi gli analisti che hanno espresso la loro opinione su quanto sta accadendo, vediamone alcuni.

Guerra commerciale: il problema più grande resta la proprietà intellettuale

Fabiana Fedeli, Global Head of Fundamental Equities di Robeco, sostiene che in un contesto mutevole come quello attuale, in cui un tweet può ribaltare il contesto macro, il focus deve essere sui cambiamenti strutturali.

In Cina ad esempio, si potrebbe puntare a quelle società che beneficeranno degli aiuti da Pechino. Il Governo cinese deve infatti persistere nella sua opera di stimolo di un’economia che dà segnali di rallentamento.

Per l’esperta però, il vero nodo da sciogliere è quello dell’IT e della proprietà intellettuale: “A nostro parere, le controversie in materia di proprietà intellettuale tra le due superpotenze, ed i timori in materia di tecnologie per la sicurezza, sono destinati ad affermarsi in quanto problematiche a lungo termine”, sostiene Fedeli.

L’esperta evidenzia come alcune aziende, al fine di gestire l’incertezza, stiano riorganizzando le catene di approvvigionamento. Queste società saranno probabilmente costrette a frammentare tali supply chain. Il motivo è da attribuirsi all’assenza di un altro Paese con una disponibilità di lavoratori e infrastrutture come la Cina. Tutto questo potrebbe portare alla creazione di “due ecosistemi IT”, guidati da America e Cina. “Quest’ultimo risvolto avrebbe implicazioni pesanti per lo sviluppo tecnologico a livello globale e, ancora una volta, sul fronte dei costi”, chiosa la Global Head of Fundamental Equities di Robeco.

Guerra commerciale: quali attese per la Fed?

Arnaud Masset, analista di Swissquote, mette in luce come Trump starebbe utilizzando la trade war al fine di ottenere un atteggiamento più dovish da parte della Federal Reserve. Questo perché, presto o tardi, la guerra commerciale presenterà il conto all’intera economia globale.

“Crediamo sia solo una questione di tempo prima che metta nuovamente mano alle forbici”, afferma Masset. L’esperto sostiene infine come nuovi tagli al costo del denaro e un possibile Quantitative Easing potrebbero non essere sufficienti a sostenere le quotazioni del mercato azionario in un quadro di crescenti tensioni geopolitiche e di rallentamento economico.

Guerra commerciale: una minaccia per la crescita

L’ultima tornata di dazi imposta da Trump ha dei preoccupanti impatti indiretti sul clima imprenditoriale e sui piani di espansione economica. Paul O’Connor, Head del team Multi-asset di Janus Henderson Investors, evidenzia come la fiducia delle imprese resti fragile, con il rischio che a luglio un ulteriore peggioramento del sentiment sul business possa destabilizzare gli investimenti, disincentivando anche i piani per il rilancio dell’occupazione nel settore manifatturiero.

Ciò si potrebbe ripercuotere anche sulla spesa dei consumatori e sul settore dei servizi. “Ogni escalation delle tensioni commerciali viene giustamente interpretata come l’ennesima minaccia alla crescita globale”, afferma O’Connor. Nel breve termine, l’esperto si attende nuovi stimoli fiscali da parte di Pechino, con i maggiori istituti centrali che cercheranno di allentare le tensioni economiche.

L’ Head del team Multi-asset di Janus Henderson Investors, sottolinea come sia necessario che sia reso chiaro il percorso per una “significativa attenuazione del conflitto”. Se ciò non dovesse accadere, gli investimenti politici avrebbero un impatto solamente parziale sulle preoccupazioni relative al sentiment economico e di mercato.

In questo quadro, il gestore vede un “forte incentivo a bloccare alcuni profitti in asset rischiosi e a ritirarsi fino a quando le prospettive di rischio/rendimento non miglioreranno o le prospettive globali diventeranno più prevedibili”.

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