Guerra: cosa significa per Pil e inflazione in Italia? Le previsioni

Violetta Silvestri

04/03/2022

Gli effetti della guerra in Ucraina potrebbero essere pesanti anche per l’Italia. Quanto può perdere il Pil nazionale e come impatterà il conflitto sull’inflazione? Alcune previsioni.

Guerra: cosa significa per Pil e inflazione in Italia? Le previsioni

L’Italia nella morsa della guerra ucraina: quanto può diminuire il Pil e come si comporterà l’inflazione?

Non sono rosee le previsioni degli esperti, anche perché il conflitto diventa sempre più aspro e imprevedibili mentre gli effetti economici e finanziari si fanno pesanti. Per la Russia, ma anche per l’Europa e il nostro Paese.

Quanto peserà la situazione ucraina sul Pil dell’Italia e di quanto aumenteranno ancora i prezzi? Alcune risposte, in numeri, da esperti e analisti.

Pil e inflazione Italia: quale impatto con la guerra?

Combattimenti e aggressioni senza sosta, sanzioni paralizzanti per la Russia e per strategiche rotte commerciali, gas e petrolio russo fermi, paura nucleare: gli ingedienti per shock economici anche fuori dalla nazione di Mosca ci sono tutti.

Con il balzo delle materie prime a livelli storici, ogni Stato è colpito dall’imprevedibile guerra. Anche l’Italia. Basterà ricordare che oggi, 4 marzo, il greggio Brent continua a scambiare oltre i 110 dollari al barile e il gas ad Amsterdam vola a 170 euro.

Il nostro Paese ne sta già pagando le conseguenze. Ma quali previsioni si prospettano per la crescita?

A fare un calcolo di stima ci ha provato Fabi (l’associazione sindacale delle banche italiane) che in un intervento in tv del suo segretario generale Lando Maria Sileoni ha parlato di un calo dello 0,7% nel 2022 e dello 0,9% nel 2023 per il Pil nazionale con un conflitto di lunga durata.

Una guerra limitata a poche settimane, potrebbe invece impattare dello 0,5% nel 2022 e non lasciare segni nel 2023.

E l’inflazione? Il focus è sull’energia, settore al quale tutta l’Europa è molto esposta. I prezzi al consumo possono impennarsi ancora, arrivando a 6,2% a fine anno e a più del 7% nel 2023 con un conflitto ancora lungo. SE la guerra si risolvesse in meno tempo, il tasso inflazionistico potrebbe fermarsi al 6% quest’anno e al 5,5% il prossimo (secondo Fabi).

Anche Goldman Sachs si è pronunciata: sebbene il gas russo verso l’Europa sia in diminuzione, con l’export del combustibile ancora in ribasso da Mosca, gli effetti sarebbero pesanti.

“un impatto negativo duraturo sulla crescita economica, che potrebbe variare da almeno quasi l’1% del Pil in Francia e Germania al 3% in Italia e un forte aumento dell’inflazione”, così si sono espressi gli strateghi.

Il fattore energia è un forte rischio per la tenuta europea e del nostro Paese. Rimpiazzare tutte le forniture russe non sarà facile, ma soprattutto non avrà impatto immediato.

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