Guerra valutaria contro BCE e BoJ: quando la svalutazione fallisce

Flavia Provenzani

6 Aprile 2016 - 14:32

La guerra valutaria si fa sempre più complessa e si ritorce contro BCE e Bank of Japan. I dettagli di una nuova fase della svalutazione competitiva.

Guerra valutaria contro BCE e BoJ: quando la svalutazione fallisce

Esaminando l’alta volatilità sui mercati finanziari negli ultimi tre mesi diventa chiaro come la guerra valutaria stia entrando in una nuova (e più complicata) fase.
La volatilità, infatti, è riuscita a neutralizzare il potere delle banche centrali e la loro capacità di indebolire la propria valuta.

Ne è l’esempio principale l’impotenza lampante del Giappone.

Guerra valutaria: la situazione in Giappone

Sembra un paradosso il modo in cui un paese con i livelli di debito pubblico come quelli del Giappone possa diventare un vero e proprio paradiso durante le forti turbolenze sui mercati, ma è proprio quello che è successo nel primo trimestre del 2016.

Il forte apprezzamento dello yen contro il dollaro USA nonostante la politica dei tassi di interesse negativi e le attese per un ulteriore tagli,o ha invertito le normali forze di gravità nel mercato del Forex.

E dato che il mercato azionario tende a muoversi all’unisono con lo yen dall’Abenomics del 2012 - logico, dato l’impatto della svalutazione competitiva sui volumi delle importazioni e sugli utili delle società - il mercato giapponese ne sta pagando le conseguenze.

Draghi ha le mani legate

In Europa, nel frattempo, la retorica super-dovish di Mario Draghi non sembra più avere il suo magico effetto.

All’annuncio di un nuovo piano di stimolo potenziato il mese scorso, che includeva un ulteriore taglio in territorio negativo dei tassi sui depositi, l’euro è salito contro il dollaro.

La scorsa settimana, il discorso del presidente della Federal Reserve, Janet Yellen, nel quale ha fatto intendere che i tassi statunitensi potrebbero rimanere bassi ancora a lungo, ha aggiunto del sale sulle ferite della zona euro.

Qualunque ne sia il motivo, la Fed sta vivendo la sua vendetta.

La debolezza del dollaro ha aiutato la riduzione, anche se modesta, della svalutazione competitiva che stava andando a favore della produzione e degli utili corporate di Giappone ed Eurozona - a spese degli Stati Uniti.

Tuttavia, gli USA avevano già goduto della svalutazione competitiva quando la Fed lanciò il primo round di quantitative easing dopo la crisi finanziaria.

Ma la guerra non è ancora finita.

Guerra valutaria: i grandi assenti

In tutto questo la Cina si distingue ai confini della guerra valutaria, decidendo di non combattere.
Nonostante la pressione di Capitol Hill per una nuova politica di scambio commerciale e le invettive di Donald Trump, il candidato repubblicano favorito alla presidenza, la Banca popolare di Cina ha speso miliardi per sostenere una moneta sopravvalutata.

L’istinto guerriero della PBoC è tutto contro i fondi speculativi che stanno scommettendo su una svalutazione che la banca centrale non vuole. Gli hedgier hanno imparato a loro spese che l’adagio che raccomanda di non combattere la Fed può applicarsi i egual modo anche alla PBoC.

Un altro Paese che ha deciso di non combattere la guerra valutaria è il Regno Unito che, a causa della possibilità incombente di uscire dalla Unione Europea, è diventato uno svalutazionista di natura.

Con il deficit corrente a circa il 7 per cento del PIL la tempistica non poteva essere più centrata. Data la natura non pianificata della discesa della sterlina, la il termine “svalutazione competitiva” si può applicare a malapena.

Guerra valutaria: tutto contro BCE e BoJ

La variazione nelle dinamiche delle guerre valutarie lasciano il Giappone e l’Eurozona in una posizione alquanto scomoda.
La svalutazione della propria moneta, infatti, è uno dei punti chiave delle rispettive politiche monetarie.

Che le banche centrali riescano a far rialzare l’inflazione per raggiungere i target fissati all’interno del proprio mandato è uno scenario più in dubbio che mai.

Il che ha forti influenze a livello mondiale.

Se da una parte la svalutazione competitiva è considerata in modo convenzionale come una politica individualista che riguarda singolarmente i paesi, questa potrebbe espandere i suoi effetti a livello mondiale se lo stimolo di politica monetaria contribuisse a sostenere l’economia globale e a difenderla dalla minaccia di deflazione.

Rimane la speranza che l’economia americana si dimostri più forte di quanto illustrato dalla signora Yellen, evidenziando la possibilità che le valute si riallineino e riconoscendo che le guerre valutarie sono state fino ad oggi un motore importante nel portare i tassi e i rendimenti in territorio negativo.

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