Continuano le proteste di imprese e commercialisti, che chiedono a gran voce la disapplicazione degli ISA 2019. Un’ipotesi scartata per il momento: sono previsti 2 miliardi di introiti.
ISA 2019, continuano le proteste di imprese e professionisti che ne chiedono la disapplicazione ma a questo punto un’inversione di rotta sembra alquanto improbabile.
Nonostante le evidenti difficoltà tecniche per il calcolo degli ISA, infatti, dal Ministero dell’Economia non giunge nessun segnale di apertura alla disapplicazione delle “pagelle fiscali” per il periodo d’imposta 2018.
Ma allora, se il sistema chiaramente non funziona (e se ne sta accorgendo anche l’Agenzia delle Entrate) e i professionisti sono in rivolta ormai da mesi, cosa aspetta il MEF a prendere seri provvedimenti?
La risposta è semplice: 2 miliardi di euro di introiti. A tanto ammonta la somma prevista dall’applicazione degli ISA.
Per questo motivo, nonostante le numerose proteste delle Associazioni di commercialisti, del CNDCEC e dell’Istituto Nazionale Tributaristi, ormai la disapplicazione degli ISA sembra assai improbabile.
ISA 2019: rinvio impossibile, servono per fare cassa
Le speranze del CNDCEC che rappresenta i commercialisti, così come delle imprese coinvolte nel caos degli ISA sono riposte nel nuovo Governo Conte, la cui parola chiave è stata finora discontinuità.
Nelle ultime ore, Riccardo Alemanno, Presidente dell’INT, ha suggerito allora nel comunicato stampa del 4 settembre 2019 di partire proprio dalla discontinuità degli ISA 2019, proclamandone la disapplicazione.
Si legge nel comunicato:
“Sarebbe un modo per iniziare l’attività di Governo mettendo al centro la considerazione per chi lavora e dà lavoro, perché se da un lato sono giuste e condivisibili l’azione di controllo dei titolari di partita IVA e l’incentivazione della lotta all’evasione, dall’altro non è giusto che si vadano a determinare i criteri di controllo attraverso algoritmi che attribuiscono voti e pagelle molto discutibili ad imprenditori e professionisti, soprattutto in un periodo di crisi e di stagnazione dell’economia.”
Quello che i professionisti delle Associazioni chiedono infatti è più che lecito, poiché la semplificazione fiscale non può essere ottenuta attraverso cambiamenti continui di procedure e parametri senza un sistema preciso e puntuale su cui fare affidamento e senza un periodo di transizione.
Un primo passo sarebbe infatti arrivare alla facoltatività degli ISA, attualmente obbligatori, per l’anno di imposta 2018, richiesta avanzata dal CNDCEC ma bocciata dall’ex Ministro dell’Economia Tria, durante un question time e successivamente mediante le lettere di risposta ai Garanti del Contribuente.
Il rischio, secondo il Ministro dell’Economia, è di penalizzare i contribuenti più virtuosi, corrispondenti a quelli con un punteggio dall’8 in su, e premiare i soggetti con minore affidabilità fiscale.
Di conseguenza, i contribuenti individuati come virtuosi dal sistema non accederebbero ai benefici premiali previsti dalla norma istitutiva degli ISA, e i soggetti con un punteggio più basso riuscirebbero a sfuggire all’analisi del rischio di evasione fiscale.
ISA 2019: un rinvio è escluso perché servono per fare cassa
L’intenzione dell’Agenzia delle Entrate con l’istituzione degli Indici sintetici di affidabilità, è favorire l’assolvimento degli obblighi tributari e incentivare l’emersione spontanea di redditi imponibili.
A differenza degli studi di settore, il cui scopo è stimare il ricavo più probabile del contribuente, anche rispetto alla categoria di appartenenza, gli ISA puntano a creare un dialogo tra Fisco e contribuenti.
Eppure, più che dialogo, sembra un monologo. A confermare che un’inversione di rotta sia altamente improbabile c’è anche Giovanni Currò, deputato pentastellato membro della Commissione finanze della Camera.
Currò, nell’intervista rilasciata a ItaliaOggi e pubblicata il 5 settembre 2019, ha dichiarato che non ci sono i tempi tecnici per intervenire sulla scadenza del 30 settembre, poiché
“(...) sugli Isa ci sono 2 miliardi di incassi da contrasto all’evasione basato sul recupero dell’anno precedente quando ancora si applicavano gli studi di settore.”
I 2 miliardi di cui parla Currò sono la cifra riferita agli studi di settore del 2017. Si tratta di una somma a cui evidentemente il Governo, vecchio o nuovo che sia, proprio non ha voglia di rinunciare.
A questo punto allora tocca chiederselo: gli ISA 2019 sono uno strumento necessario alla lotta all’evasione o un modo del Governo per fare cassa?
Al nuovo Governo l’ardua sentenza.
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