Nelle 77 pagine del decreto Cura Italia trova spazio un codicillo che di fatto nazionalizza Alitalia, mentre Air Italy, messa in liquidazione un mese fa, viene completamente dimenticata.
La situazione sicuramente non è facile e all’orizzonte si profilano nubi assai oscure sull’economia nostrana. Il decreto “Cura Italia” appare sempre più come un’aspirina data a un malato terminale.
Molte sono le cose che non vanno nel decreto approvato dal governo per far fronte all’emergenza coronavirus.
Quello che manca maggiormente però pare essere un sostegno concreto verso quei settori che maggiormente potrebbero patire a causa di questa emergenza. Primi fra tutti gli autonomi e le partite Iva, ancora una volta dimenticati e sistemati in fretta e furia con pochi spiccioli per chi comunque questo Paese lo sta portando avanti da decenni col suo lavoro, al di là della facile retorica sulla evasione fiscale.
Il mondo agricolo che già soffre da anni di una crisi profonda riceve sovvenzioni sotto forma di crediti di imposta, ma limitati negli importi e nel tempo, senza prevedere misure che possano avere un sollievo in un settore che rischia di soccombere a questa grave emergenza sanitaria.
E come non rimarcare l’assenza di un vero aiuto duraturo a un settore come quello turistico, che rischia di ricevere il colpo più duro, dalla chiusura a tempo indeterminato delle strutture alla concreta possibilità di vedere andare in fumo una stagione intera, con danni per miliardi di euro. Ma l’elenco potrebbe continuare a lungo, considerando quelle che sembrano essere le misure già messe in atto da altri Paesi come Francia, Germania, Spagna e USA, per non parlare della Cina.
Nelle 77 pagine del decreto, dopo aver rimarcato le tante deficienze, trova spazio un codicillo che di fatto nazionalizza la compagnia di bandiera Alitalia, decotta da decenni e che mai si è voluto o riuscito a far camminare con le proprie gambe.
Di fronte alla emergenza di moltissimi settori produttivi italiani, che rischiano seriamente di non rialzarsi da una simile sventura, il Governo ancora una volta ha pensato a salvare la compagnia di bandiera. Adesso con la gravissima crisi che il coronavirus porterà dietro di sé si è pensato bene di approfittare della situazione per arrivare alla nazionalizzazione definitiva della compagnia di bandiera, con il beneplacito dell’Unione Europea, che in condizioni normali non avrebbe concesso una simile operazione. Con questo non si vuole criticare il fatto in sé. Tutte le compagnie mondiali hanno già chiesto interventi ed aiuti ai rispettivi Stati. Forse, paradossalmente, in un momento del genere era l’unica cosa da fare, ma resta anche qui il sapore amaro verso chi come Air Italy, messa in liquidazione un mese fa, viene invece completamente dimenticata nel decreto. 1450 lavoratori lasciati senza nessun paracadute al proprio triste destino, reso ancora più cupo dalla situazione generale. Anche in questo caso si registra un atteggiamento ambiguo da parte del governo.
Si considerano pari situazioni in maniera differente a seconda delle convenienze o di chissà quale altro principio. La storia di Air Italy assomiglia a quella di Alitalia. Almeno per quanto attiene agli ultimi anni, dopo l’ingresso nel capitale della compagnia sarda di Qatar Airlines, come quello di Ethiad in Alitalia. Scelte che si sono rivelate fallimentari per il chiaro intento da parte delle compagnie straniere di spolpare i vettori italiani, per poi lasciarli al loro destino. Il sogno dell’Aga Khan, nato nel 1963, di rilanciare il turismo in Sardegna grazie anche ad una compagnia aerea, Meridiana, che con alterne fortune era riuscito ad andare avanti per oltre quarant’anni, è definitivamente tramontato, dopo solo due anni di gestione fallimentare da parte dei qatarioti che, come Ethiad, hanno dimostrato grandi limiti di gestione e ancora una volta come i soldi non sempre sono la unica soluzione per dirigere una compagnia se non si hanno piani e strategie precise.
Ma il dado è ormai tratto, e constatare ancora una volta che mentre con una mano lo Stato risolleva in qualche modo Alitalia - anche se poi sarà tutto da vedere se, una volta nazionalizzata, la compagnia di bandiera riuscirà a risollevarsi da una crisi ventennale - si dimentica totalmente di Air Italy e dei suoi dipendenti, che rischiano di perdere il posto senza nemmeno avere la tutela degli ammortizzatori sociali.
Carlo Fidanza, capodelegazione al Parlamento europeo di Fratelli d’Italia e membro della commissione trasporti del Parlamento di Bruxelles, ha chiesto un intervento del governo per ricomprendere nella newco parte o l’intera compagnia sarda, che annovera personale altamente qualificato e potrebbe essere utilizzato per operare determinate rotte, che il nostro vettore nazionale attualmente non copre.
Certo non è facile e non si può pensare di risolvere con la bacchetta magica situazioni così deteriorate, ma nello stesso tempo proprio l’eccezionalità del momento concederebbe un briciolo di manovra in più per permettere anche alla gloriosa compagnia sarda di vedere uno spiraglio di luce. Domani sarà sicuramente troppo tardi.
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