La fortuna imprenditoriale del CEO di Tesla si basa su un esempio lampante di capitalismo clientelare nella patria della libertà: gli Stati Uniti d’America.
Elon Musk riuscirà mai a togliere le mani dai soldi dei cittadini degli Stati Uniti?
Il famoso CEO di Tesla è certamente un uomo dall’idee creative, dalla commercializzazione di viaggi spaziali privati ad un super treno che coprirebbe la tratta Washington-New York in meno di mezz’ora, da una nuova ingegneria per la realizzazione di tunnel ad una nuova era per l’energia solare e le auto elettriche, come la Model 3 di Tesla.
Per quanto le sue iniziative imprenditoriali tocchino diversi settori, hanno tutte una cosa in comune: nessuna di queste sarebbe riuscita ad ottenere dei finanziamenti nel mercato del capitale privato, se non fosse stato per le massive sovvenzioni ricevute dal Governo degli Stati Uniti d’America.
Uno studio pubblicato tre anni fa dal Los Angeles Times ha rivelato che solo tre delle imprese di Musk - SolarCity Corp. (che produceva e installava sistemi di energia solare prima della sua fusione nel 2016 con Tesla Motors Inc.), Tesla Motors Inc. (TSLA) (che produce veicoli elettrici) e la Space Exploration Technologies Corp., nota come SpaceX (che costruisce navi missilistiche) - hanno ricevuto 4,9 miliardi di dollari in sussidi governativi a quel tempo. Ormai, le varie imprese di Musk hanno risucchiato un totale di oltre 5 miliardi di dollari dalle casse del Governo americano.
Ma la concessione di miliardi di dollari in fondi provenienti dalle tasche dei contribuenti alle società di Musk non è la parte peggiore della storia: per spingere gli acquirenti a spendere i propri soldi in veicoli elettrici, il governo americano offre uno sconto di $7.500 sul prezzo di acquisto. E alcuni Stati sono anche disposti a pompare il già generoso bonus. In California, ad esempio, gli acquirenti di veicoli elettrici ricevono un rimborso finanziato dallo stato di $2.500 in più.
Un vero caso di capitalismo clientelare che puzza.
Il capitalismo clientelare si basa sulla scelta da parte del Governo di chi devono essere i vincitori e chi i vinti. Il Governo decide se trasferire le risorse ad un’impresa o se rifiutarsi di farlo a favore di imprese svantaggiate.
Così, un aspetto politico si aggiunge ai criteri economici della matrice decisionale per la concessione degli investimenti. Chi riesce a conquistare il favore dei principali funzionari governativi ha le porte aperte su una strada di finanziamento alternativa rispetto alle società che non riescono ad ottenere questo favore (oppure non vogliono farlo).
Per definizione, questa situazione distorce il mercato e distorce le decisioni di investimento prese dagli amministratori privati del mondo della finanza, non gravate da considerazioni politiche, la cui unica responsabilità ricade nelle persone di cui gestiscono i soldi. Aggiungendo l’aspetto politico alla matrice decisionale, si alterano i risultati e si impedisce il dispiegamento economicamente più efficiente delle risorse finanziarie, che sono limitate.
Elon, quando finirà tutto questo?
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