Il decreto sulla Golden Power creerà incertezza e ritarderà l’adozione del 5G in Italia. Parola del Ceo di ZTE Italia.
Il provvedimento legislativo recentemente approvato dal governo che riforma la disciplina del Golden Power per garantire la sicurezza delle nuove infrastrutture di telecomunicazioni, è destinato, ha detto il Ceo di ZTE Italia, a creare incertezza ed a ritardare ulteriormente lo sviluppo della rete mobile di quinta generazione in Italia.
“Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge recante modifiche alla disciplina sostanziale e procedurale in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni”, riportava il comunicato stampa diffuso al termine del Consiglio dei ministri di giovedì scorso.
Il provvedimento è stato preso alla luce delle preoccupazioni legate al potenziale coinvolgimento delle aziende cinesi Huawei e ZTE nello sviluppo delle reti 5G.
5G: più poteri all’esecutivo con nuovo decreto
“Il nuovo decreto-legge –ha detto il premier Giuseppe Conte via Facebook - delimita ancora più efficacemente le verifiche spettanti al Governo in caso di autorizzazioni di atti e operazioni societarie riguardanti le nuove reti di infrastrutture tecnologiche”.
L’obiettivo è quello di ampliare i poteri dell’esecutivo alla luce delle preoccupazioni in tema di sicurezza delle reti sollevate dall’amministrazione statunitense.
5G: Kun, disparità tra competitor
«Il recente decreto sul golden power crea più incertezza per i player del settore. L’incertezza non è positiva per gli investimenti e ritarda ulteriormente lo sviluppo del 5G nel Paese», ha detto Hu Kun, Chief executive di ZTE Italia.
Il manager ha rilevato che i poteri speciali del governo dovrebbero essere applicabili a tutte le società e non solo ad alcune.
Con il nuovo provvedimento è stata introdotta una procedura di autorizzazione rafforzata nel caso in cui siano coinvolte società non europee.
La questione va risolta, ha detto Kun, per “creare un contesto di equa competizione".
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