Il 2016 peggiora sempre più: la crisi delle banche italiane spaventa i mercati internazionali, al centro di una tempesta perfetta.
Molto potrebbe non essere abbastanza per salvare le banche italiane dal pesante sell-off generato dalla Brexit.
La tensione tra le banche in Italia si fa sempre più forte, gli aumenti di capitale diventano ogni giorno più necessari, il Governo lotta per evitare lo scoppio di una crisi del comparto italiano ancor più profonda e il ricorso al bail in.
Le obbligazioni bancarie e la quotazione delle azioni crollano all’aumentare dell’incertezza, le banche con altissimi crediti deteriorati vedono aumentare la pressione con i tassi di interesse in territorio negativo. Qualcuno sperava in calo di ansia in Italia e in tutta l’Unione Europea dopo i risultato del referendum nel Regno Unito, ma la vittoria inaspettata della Brexit ha portato ad un risultato totalmente opposto.
«La volatilità del mercato a seguito del risultato del referendum UE nel Regno Unito ha colpito il settore bancario italiano già particolarmente in difficoltà, uno dei più deboli in Europa»
scrive la Fitch Ratings in un report del 4 luglio.
«La pressione è il driver principale delle prospettive negative per diverse banche italiane di medie e grandi dimensioni».
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Il referendum Brexit, che poterà (forse) all’uscita del Regno Unito dalla traballante Unione Europea, potrebbe accelerare la caduta delle debolissime banche italiane. Era previsto che sarebbero state le banche europee a subire maggiormente gli effetti di un SI alla Brexit; le banche inglesi sono state duramente colpite dalla notizia - con tutta l’incertezza normativa che ne deriva -, ribassi anche per le banche europee.
Molte banche italiane, compresa la banca più più grande, UniCredit, hanno visto crollare i prezzi delle azioni; il titolo Unicredit è in ribasso di oltre il 60 per cento quest’anno.
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La domanda principale riguarda la capacità delle banche di continuare a sostenere le operazioni di prestito in un momento in cui i creditori devono affrontare delle perdite potenziali e alcuni degli istituti più grandi del paese potrebbero essere soggetti a fusioni e acquisizioni richiesti dagli enti regolatori.
Ad inizio anno è nato Atlante, creato per comprare i crediti deteriorati delle banche. Ma il fondo, con un capitale dai 4 ai 6 miliardi di euro, è di gran lunga troppo piccolo per coprire tutte le sofferenze in tasca alle principali banche italiane.
«Le autorità hanno bisogno che le banche rimuovano una grande porzione di prestiti deteriorarti dai loro bilanci così da poter prestare più»,
ha commentato Julien Jarmoszko, research manager senior presso la S&P Global Market Intelligence.
«Se gli investitori continueranno a temere le banche italiane, questo potrebbe aumentare il costo del loro capitale e di conseguenza ridurre i prestiti».
È possibile che il fondo Atlante venga rimpolpato. C’è bisogno che sia assai più grande se i dati pubblicati dal Wall Street Journal verranno confermati: il 17 per cento del debito delle banche italiane sarebbe deteriorato, il che si traduce in un’esposizione di circa 361 miliardi di euro.
«Un aumento delle dimensioni di Atlante, veicolo per partecipare agli aumenti di capitale delle banche e comprare crediti deteriorati, è una soluzione possibile»,
scrivono gli analisti di Fitch.
Un’altra possibilità è il governo italiano scongiuri la crisi iniettando capitali nelle banche del Paese. Tuttavia, questa soluzione non è ben accolta dalle autorità di regolamentazione dell’UE.
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