L’economia italiana non cresce e si teme la fine della Grecia. Ecco quali sono i 5 problemi che stanno facendo allarmare i mercati globali.
L’economia italiana ha seri problemi: ecco le 5 ragioni per cui il mondo è preoccupato per l’Italia e teme che possa fare la fine della Grecia.
Le banche europee non godono di un buono stato di salute in questo momento, ma in Italia la situazione economica sembra di gran lunga peggiore.
È stato un inizio anno desolante per l’Italia, nonostante gli sforzi del governo per arginare i danni causati dal crollo di alcune banche e i timidi segnali di crescita dell’anno scorso.
La ripresa economica italiana è in fase di stallo; i principali titoli bancari e aziendali hanno spazzato via miliardi di euro; il debito pubblico sta salendo e il tasso di disoccupazione è in aumento.
Crisi economica: Italia come la Grecia?
La crisi greca potrebbe aver rubato le luci della ribalta all’Italia negli ultimi anni, ma il nostro Paese, terza economia europea e ottava nel mondo, è sorvegliata attentamente.
L’Italia sembra vacillare sull’orlo di una crisi bancaria e la preoccupazione dei mercati mondiali è che possa fare la fine dei suoi vicini dell’Europa meridionale.
Il problema è che se l’Italia dovesse seguire il trend della Grecia, l’impatto sarebbe di enorme portata non solo per l’Eurozona, ma per l’economia mondiale.
Ecco le 5 ragioni per cui la situazione economica dell’Italia preoccupa il mondo intero.
5 problemi dell’Italia che fanno preoccupare i mercati mondiali
1) La crisi delle banche - i risparmiatori si riprendono i loro soldi
Anche se Renzi rassicura gli italiani del fatto che il sistema bancario del paese sia robusto, la volatilità dei mercati spaventa gli investitori e i risparmiatori. La gente comincia a chiedersi seriamente se i suoi soldi nelle banche sono al sicuro. Molti preferiscono ritirare i propri risparmi dagli istituti bancari e tenerli in casa.
Per sopperire al problema, l’Italia è riuscita a trovare un accordo con la Commissione europea per aiutare le banche con crediti non performing. Gli analisti avvertono che l’accordo non risolverà definitivamente il problema, ma andrà a ridurre le potenziali perdite.
Inoltre, le banche italiane hanno un margine di solvibilità abbastanza adeguato da evitare il rischio di collasso totale.
2) Il debito pubblico è alle stelle
L’Italia sta annegando nel debito pubblico. Il dato si attesta a quasi 2.2 mila miliardi di euro a fine dicembre, 38 miliardi in più rispetto alla fine del 2014. Il secondo debito più alto in Europa dopo la Grecia.
A meno che Renzi non riesca a ottenere più concessioni da parte dell’UE, il debito è destinato a non diminuire entro il prossimo anno.
Le ragioni di questi numeri? La ripresa dell’Italia dalla recessione è praticamente in stallo, e la crescita dell’1,6% prevista per il 2016 appare irrealizzabile, almeno allo stato dei fatti.
Inoltre, l’Italia non ha un buon rendiconto dalle entrate fiscali (nonostante le aliquote siano tra le più alte d’Europa) per poter contribuire ad alleviare il debito pubblico. E l’Unione europea non ha i soldi per salvare in questo momento l’Italia come ha fatto per la Grecia.
3) La mancanza di produttività
L’Italia detiene un triste record in fatto di produttività, elemento fondamentale di un’economia fiorente.
Da oltre dieci anni la produttività italiana cala sempre di più. Non è stato sempre così: negli anni settanta il Belpaese poteva dare lezioni in quanto a livelli di produzione.
Poi il calo degli investimenti, la crisi della produzione industriale, forza lavoro di bassa qualità, la cattiva governance e la burocrazia ingombrante e costosa degli anni seguenti hanno inflitto pesanti colpi alla produzione.
L’economia italiana è retta soprattutto dalle piccole e medie imprese, che non hanno le risorse necessarie per aiutare il Paese a crescere e a renderlo davvero competitivo a livello mondiale.
4) La disoccupazione giovanile in aumento
L’abbassamento del tasso di produzione ha portato un alto tasso di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, vale a dire il segmento della popolazione destinato a subire i pagamenti delle pensioni della sempre più vecchia popolazione italiana.
Il tasso di disoccupazione era sceso negli ultimi mesi del 2015 e sembrava che il mercato del lavoro italiano stesse ricominciando a prendere un po’ di respiro. Invece ad oggi la disoccupazione giovanile è cresciuta dell’11,4% e si attesta al 37,9%.
La situazione è più evidente al Sud, dove l’economia è più o meno ai livelli della Grecia.
Il PIL delle regioni meridionali è diminuito per il settimo anno consecutivo nel 2014, mentre la sua produzione economica è cresciuta di appena il 13% tra il 2001 e il 2014.
Il quadro mostra un divario di ricchezza sempre più ampio tra Nord e Sud d’Italia, con una persona su tre a rischio di povertà nel Meridione rispetto a 1 su 10 al Nord.
5) L’età media della popolazione
La carenza di posti di lavoro e l’invecchiamento della popolazione sono i fattori determinanti della produzione debole.
E mentre il tasso di mortalità diminuisce sensibilmente, il tasso di natalità in Italia è più che dimezzato dal “baby boom” del 1960. Oggi la media delle nascite è di circa 500.000 bambini all’anno.
La disoccupazione e la povertà crescenti impediscono ai giovani di uscire di casa e mettere su famiglia, e ancora troppo poco è stato fatto dal governo per incoraggiare le persone ad avere figli.
Nel frattempo, i giovani sono in fuga in massa, al ritmo del cambiamento lento e della mancanza di opportunità lavorative, cosa che rischia di trasformare molte piccole città italiane meridionali in città-fantasma.
Fonte: TheLocal
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