Le elezioni politiche in Italia potrebbero tenersi con un anno di anticipo: se Mario Draghi dovesse decidere di trasferirsi al Colle, le urne si aprirebbero nel 2022 a meno di un governo Brunetta.
“Questa è una maggioranza chiaramente anomala, non è un’unità nazionale ma è su Draghi, una persona fisica”. Parole queste pronunciate a Milano Marittima da Giancarlo Giorgetti, il potente ministro della Lega che di solito pondera bene ogni sua dichiarazione pubblica.
“Ci saranno le Amministrative e discrete crepe intorno al governo, poi arriverà l’elezione del capo dello Stato - ha proseguito il ministro come riportato dal Corriere - Ma se Draghi dovesse decidere per la presidenza della Repubblica, non vedo come il governo potrebbe andare avanti”.
Il concetto espresso da Giorgetti è molto chiaro: l’attuale maggioranza di governo si regge intorno alla figura di Draghi e, di conseguenza, se il Presidente del Consiglio dovesse decidere tra sei mesi di trasferirsi da Palazzo Chigi al Quirinale, non resterebbe altra strada in Italia che delle elezioni politiche anticipate.
Votare nel 2022 con un anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale di questa legislatura, potrebbe essere però molto più complicato di quanto si possa immaginare: il problema non sarebbe tanto la pandemia, quanto le resistenze dei tanti peones che sbiancano al solito pensiero di andare a casa senza aver maturato i tempi per ottenere poi la pensione da parlamentare.
Italia: elezioni politiche un anno prima?
Da calendario in Italia le prossime elezioni politiche sono in programma a inizio primavera 2023. Quanto dichiarato da Giancarlo Giorgetti però ci fa capire come le urne si potrebbero aprire con un anno di anticipo.
A febbraio 2022 infatti si voterà per eleggere il prossimo Presidente della Repubblica, siamo appena entrati nel semestre bianco, con Mario Draghi che viene indicato come il grande favorito per il Colle nel caso in cui Sergio Mattarella dovesse ribadire il suo “no grazie” a un secondo mandato.
C’è un passaggio del discorso del ministro che ci fa capire quale sia la situazione attuale in merito alla corsa verso il Quirinale, quel “se Draghi dovesse decidere per la presidenza della Repubblica” che fa la spia di come la scelta sia tutta a discrezione del Presidente del Consiglio.
In sostanza a febbraio se Mario Draghi facesse intendere un suo gradimento per il passaggio al Colle, il banchiere non avrebbe difficoltà in Parlamento ad avere i numeri per una sua elezione.
Del resto le alternative non sembrerebbero essere molte: tolti Draghi e Mattarella, resterebbe in ballo solo Casini visto che le quotazioni del ministro Cartabia sono in calo dopo le polemiche sulla sua riforma della Giustizia.
C’è poi l’ipotesi Silvio Berlusconi: lui ci spera sempre e il centrodestra in teoria, con l’aiuto di Matteo Renzi, potrebbe avere i numeri per eleggerlo dopo la terza votazione quando basterà una maggioranza assoluta. Le possibilità concrete per il leader di Forza Italia di diventare Presidente della Repubblica non appaiono però essere molte.
Ma cosa succede se Mario Draghi a febbraio dovesse trasferirsi al Quirinale? L’attuale Governo verrebbe retto ad-interim da Renato Brunetta in qualità di ministro più anziano dell’esecutivo.
Come spiegato da Giorgetti, venendo a mancare il vero collante l’attuale maggioranza non avrebbe più un vero motivo per andare avanti. La soluzione più logica sarebbe di conseguenza quella di sciogliere le Camere e tenere le elezioni politiche nella tarda primavera del 2022.
Votando con un anno di anticipo si toglierebbe però la possibilità ai tanti parlamentari alla prima legislatura di maturare i requisiti per la pensione, oltre al fatto che dopo la sforbiciata del referendum in pochi saranno quelli sicuri di essere rieletti.
Per salvare poltrona, stipendio e pensione, il Parlamento così si potrebbe strascicare per un anno fino alla scadenza naturale del 2023: tutto a questo punto è nelle mani di Mario Draghi con il Covid nei panni del convitato di pietra, visto che difficilmente il capo del Governo potrebbe abbandonare la barca in caso di un peggioramento della situazione sanitaria.
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