Ecco cosa sancisce la Costituzione in merito all’entrata in guerra dell’Italia. Può farlo solo per motivi ben precisi.
Il conflitto in Ucraina va avanti ormai da oltre un mese e all’orizzonte non si vedono risoluzioni in tempi brevi. L’Unione europea si è detta pronta ad adottare il quinto pacchetto di sanzioni contro la Russia per cercare di estrometterla ancora di più dallo scacchiere internazionale soprattutto da un punto di vista economico.
Ad oggi non ci è dato sapere come potrà evolversi il conflitto. Se la Russia attaccasse uno stato membro della Nato, tutte le altre nazioni non avrebbero altra scelta che rispondere all’attacco con la forza.
Evenienza questa che non risparmierebbe nemmeno l’Italia. La nostra Costituzione è molto chiara sulle possibilità di entrata in guerra del nostro paese. Ci ha pensato il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato a chiarirlo.
Quando l’Italia può entrare in guerra
Il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato nella conferenza stampa tenuta per presentare la relazione annuale sull’attività svolta nel 2021, ha chiarito molto bene cosa dice la Costituzione su una presunta entrata in guerra del nostro paese.
Amato ha spiegato molto bene la differenza che intercorre tra l’articolo 11 della Costituzione e l’articolo 78.
Seppur l’articolo 11 indica che l’Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, questa non è assoluta ed è consentita in una circostanza particolare: ovvero come strumento difensivo.
C’è un altro articolo nella Costituzione inerente alla guerra, è il 78 che dà mandato al Parlamento di deliberare lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari per farlo. Questo difatti consente l’entrata in guerra del nostro paese.
"Già questo risponde al dibattito se il ripudio della guerra sia assoluto o se la guerra difensiva sia consentita dalla Costituzione” - ha detto Amato.
C’è poi da considerare anche i trattati internazionali, sia l’articolo 5 del trattato Nato, sia l’articolo 42 del trattato dell’Unione europea. Questi implicano che qualora uno Stato membro subisca un aggressione sul suo territorio, tutti gli altri Stati membri sono tenuti a prestare soccorso con i mezzi che hanno a disposizione.
Dunque se in Italia non fosse consentito partecipare ad una guerra a difesa di paesi terzi aggrediti, i due articoli inseriti nei trattati internazionali sarebbero illegittimi.
Quindi ricapitolando, la Costituzione Italiana ripudia è vero la guerra se adottata come strumento per risolvere le controversie internazionali, che andrebbero risolte sempre in modo pacifico.
Ma al tempo stesso da al Parlamento pieni poteri di dichiarare lo stato di guerra qualora questa si renda necessaria come mezzo di difesa.
Deliberazione dello stato di guerra: cosa significa
Come sancito dall’articolo 78 della Costituzione lo stato di guerra viene deciso dal Parlamento che conferisce pieni poteri al Governo. Questi vengono assunti in particolare dal presidente del Consiglio, e i ministri degli Esteri e della Difesa.
La maggioranza necessaria per sancire lo stato di guerra è quella assoluta non quella semplice e questo rende le operazioni molto più complicate.
Data l’urgenza, non è necessaria l’emanazione di una legge formale. Sarà comunque sempre il presidente della Repubblica a dichiarare lo stesso.
Ovviamente l’ingresso in uno stato di guerra non provoca ripercussioni soltanto da un punto di vista procedurale, ma anche a livello sociale ed economico.
La capacità produttiva potrebbe essere spostata tutta sullo sforzo bellico. Le risorse vengono convogliate per allestire e finanziare la produzione militare e viene avviato un processo di riconversione industriale.
Le materie prima iniziano ad essere razionate. Insomma l’economia di mercato viene ristretta e limitata man mano per lasciare spazio ad una pianificata esclusivamente sullo sforzo bellico.
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