Immigrazione in Italia: quali effetti su società ed economia?

Corrado Salemi

13 Novembre 2015 - 14:51

Negli ultimi quarant’anni l’Italia è diventata la seconda maggiore destinazione di immigrati in Europa, le conseguenze di questo fenomeno sono oggetto di diversi studi.

Immigrazione in Italia: quali effetti su società ed economia?

L’immigrazione è un fenomeno complesso, solo attraverso un’analisi demografica approfondita se ne possono cogliere gli effetti e le diverse sfaccettature. In Italia è oggetto di studi approfonditi che hanno l’obiettivo di riuscire ad interpretare socialmente ed economicamente il fenomeno in maniera corretta.

Immigrazione in Italia: gli effetti sulla società

«L’Europa avrà presto più barriere fisiche ai suoi confini nazionali, rispetto a quelle avute durante la Guerra Fredda.»

Così tuona oggi il “The Economist”, alimentando il dibattito in Italia. Infatti l’opinione pubblica è divisa tra chi è favorevole all’immigrazione, e chi sostiene che il nostro paese non può assolutamente accogliere altri stranieri.

E’ opportuno dare alcune definizioni prima di andare ad indagare qual è l’andamento dell’immigrazione in Italia.
Innanzitutto, per migrante si intende colui che lascia volontariamente il proprio Paese d’origine per cercare lavoro o migliori condizioni economiche. Rifugiato, invece, è colui al quale è stato riconosciuto questo status in base alla Convenzione di Ginevra del 1951. Profugo, infine, è un termine generico per indicare chi lascia il proprio paese per vari motivi.
Le convenzioni internazionali obbligano ciascun paese ad accogliere chi richiede asilo fino all’accertamento dello status di rifugiato. In Italia la lunghezza dei tempi di verifica della condizione dei richiedenti porta la permanenza di molti soggetti che non ne avrebbero il diritto nei centri di accoglienza, con dei costi abnormi per le casse pubbliche.
Al 1° gennaio 2015, secondo i dati Istat, sono regolarmente presenti in Italia 3.929.916 cittadini non comunitari. Sono raddoppiati i permessi per i rifugiati: nel 2014 da 19.146 sono passati a 47.873. In termini relativi arrivano a rappresentare il 19,3% dei nuovi ingressi, dal 7,5% del 2013.
In media, secondo i dati del Ministero degli Interni, un rifugiato ( o presunto tale) costa allo stato italiano dai 30 ai 35 euro al giorno; basta moltiplicare questa cifra per il numero dei permessi accordati annualmente e si nota che il valore risultante è elevato e rappresenta una voce di spesa importante nel bilancio dello stato.

C’è da considerare un altro fattore , in Italia il tasso di natalità è basso e negli ultimi anni la spinta principale al ricambio generazionale è stata data principalmente dai migranti. Il tasso di fecondità è una prova tangibile di quanto detto sopra, esso è 1,3 per le italiane e 2,1 per le donne straniere. Nonostante l’ultimo dato la situazione demografica resta comunque preoccupante.

Immigrazione in Italia: gli effetti sull’economia

Nonostante l’apporto degli immigrati dagli anni Novanta, il saldo naturale, cioè la differenza fra le nascite e i decessi, continua ad essere negativo. La popolazione continua a crescere leggermente grazie all’immigrazione di adulti, ma l’età media aumenta e il sistema finanziario italiano è vicino al collasso in molti dei suoi elementi rilevanti. La spesa sociale sarà difficilmente sostenibile negli anni futuri, per esempio, il sistema pensionistico è destinato ad implodere senza un deciso ricambio generazionale.

E’ intuitivo che una popolazione che cresce è una popolazione che esprime una domanda di beni, quella domanda che oggi tutti invocano. Se fossimo una popolazione in aumento, come accadeva negli anni del boom economico, avremmo una spinta alla crescita economica data proprio dai consumi. Se la popolazione non cresce non crescono nemmeno i consumi, anzi se l’età media sale il costo per i cosiddetti attivi (cioè chi è in età lavorativa) cresce esponenzialmente e diventa quasi insostenibile. Allora si spera di fare una compensazione attraverso gli immigrati e i loro consumi. Nonostante l’esiguo guadagno e la spesa moderata, gli immigrati hanno avuto un ruolo positivo per il saldo demografico, ma non sufficiente a rimediare alla grave carenza di nascite in Italia.

Come se non bastasse quanto detto fin’ora, in dieci anni (fra il 2001 e il 2011) la classe d’età degli attuali 25-29enni italiani ha perso 30 mila unità a causa dell’emigrazione (derivante soprattutto dalla mancanza di lavoro) principalmente verso i paesi del nord Europa.

Urge una politica seria di sostegno alla natalità e al lavoro giovanile. Un paese che invecchia è un paese che non ha nessuna prospettiva per il futuro.

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