Cosa sono le SPAC e perché ne sentiremo parlare a lungo.
Sempre più spesso si legge nelle pagine dei quotidiani dedicati all’economia di managers che fondano una SPAC. L’ultima notizia riguarda Jean Pierre Mustier, ex AD di Unicredit, che ha annunciato di averne appena lanciata una con l’obiettivo di investire in promettenti società europee. Un fenomeno sicuramente in crescita, addirittura negli Stati Uniti si parla di “invasione”.
Ma cosa sono davvero le SPAC? Come funzionano? Perché sono in crescita? Analizziamo questo istituto partendo dal nome, il quale deriva dall’acronimo inglese Special Purpose Acquisition Company e, cioè, si tratta di società particolari, che non hanno una propria operatività sul mercato ma che nascono al solo scopo di raccogliere capitali immettendo sul mercato azioni tramite IPO (Initial Pubblic Offering) con l’obiettivo della successiva integrazione/fusione (Business Combination) con una società operativa sul mercato (Target).
Di questo veicolo societario sono state date tante possibili definizioni negli anni, sia da parte di studiosi europei, sia d’oltre oceano, terra d’origine dell’istituto. Quelle che rispecchiano meglio il concetto sono forse le seguenti:
quella fornita nel 2014 da Fumagalli, il quale parla di “società che raccolgono risorse finanziarie tramite IPO al fine di integrarsi successivamente con una società operativa e portarla così direttamente in quotazione su un mercato azionario”, e quella data da Borsa Italiana, che definisce la SPAC come “veicoli di investimento, contenenti esclusivamente liquidità, a limitato profilo di rischio, con vincolo temporale ben definito e potenzialità di guadagno rilevanti”.
La prima mette bene l’accento sul fine per il quale nasce una SPAC e cioè quello di dare l’opportunità ad una target non quotata di svilupparsi in tempi rapidi e di accedere subito al mercato azionario, creando così valore per tutti gli attori di questa operazione, mentre la seconda evidenzia molto bene le caratteristiche operative della SPAC, ovvero il limitato profilo di rischio e le rilevanti potenzialità di guadagno.
E’ uno strumento quindi, come emerge già prima facie, molto complesso ma idoneo appunto per lo sviluppo di piccole e medie imprese ad alto potenziale di crescita perché, tramite le SPAC, le società target possono accedere indirettamente al mercato azionario diventando una società quotata in tempi e procedure più brevi.
Ha avuto origine negli Stati Uniti nel 1992 e nasce dalle ceneri della Blank Check Company, ovvero un veicolo societario con lo stesso impianto ma che era stato usato negli anni con lo scopo di ingannare il mercato, quotando società prive di reale valore. Così, con la Rule 419, si è posto fine allo scopo fraudolento ed è questo il momento che segna la nascita della SPAC nell’attuale accezione. In Europa invece la prima SPAC si registra nel 2005, mentre in Italia la prima operazione avviene nel 2011 con la quotazione della SPAC “Made in Italy1” che nel 2012 ha chiuso una business combination con la società target SeSa Spa, leader nel campo dell’information technology.
In Italia la normativa di riferimento è rappresentata dal codice civile, in particolare dagli art. 2325 e ss. sulle società per azioni, dal D.L. 24 febbraio 1998 n. 58, ovvero il Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria (TUF) e dal Regolamento dei Mercati Organizzati e Gestiti da Borsa Italiana SPA, trattandosi di società veicolo che possono quotarsi sul MIV (mercato regolamentato) o sull’ AIM Italia (mercato non regolamentato).
E’ interessante capire perché il fenomeno delle SPAC si è progressivamente diffuso dagli anni 2003 fino ad oggi, e sembra essere - sia a livello internazionale ma anche nel nostro ordinamento giuridico - in rapido incremento, con sempre più operazioni concluse attraverso questo istituto, tanto da parlare di boom delle SPAC.
Ebbene la motivazione va ricercata nella crisi che ha investito ed influenzato i mercati finanziari in questi anni. La crisi finanziaria e del credito, la bolla della new economy, hanno reso i mercati completamente irrazionali e fibrillanti, rappresentando un enorme pericolo per le imprese e per l’economia reale e riducendo sensibilmente anche la disponibilità di capitale di rischio messo a disposizione dal classico private equity.
In questa congiuntura, di completa volatilità del mercato e di crisi del sistema bancario classico, deve inquadrarsi il fenomeno crescente delle SPAC, perché rappresentano veicoli capaci di coniugare un elevato profilo di rendimento insieme ad un ridotto profilo di rischio. Vediamo perché.
L’attività delle SPAC solitamente si compone in 4 fasi.
FASE I: la costituzione della SPAC
La società veicolo di investimento si costituisce di solito ad opera dei cd. promotori. Questi soggetti devono avere dei requisiti specifici e richiesti dalla normativa di riferimento. Generalmente sono top managers o esperti di alta finanza (come conferma anche il caso di Mustier), perché essi costituiranno il team management della società ed avranno il compito delicatissimo di scegliere la società target con la quale effettuare la business combination. Dalla composizione del team management dipende tutto il successo dell’operazione. Dovranno mettere in campo tutta l’esperienza, le conoscenze, il fiuto, la vision di cui sono capaci per scegliere la società giusta con la quale effettuare la fusione. Dalla composizione del team management dipende quindi anche l’affidabilità o meno della quotazione della SPAC. Più il team sarà credibile e capace più otterrà consensi nella fase successiva. I promoter si accollano in questa fase tutti i costi necessari per la preparazione delle Fase II.
FASE II: l’IPO
E’ la fase della raccolta delle risorse finanziarie tramite dell’Initial Pubblic Offering, ovvero il capitale della SPAC viene ceduto sul mercato sotto forma di units da sottoscrivere. Le units sono particolari tipologie di titoli. Tutto il capitale raccolto in questa fase, verrà poi depositato presso una fiduciaria, a garantire di tutti gli investitori che tali somme saranno destinate esclusivamente allo scopo per la quale è creata la SPAC e cioè per la crescita della società target. Gli investitori in tale fase sottoscrivono il capitale a prezzi comunque vantaggiosi ed attendono di vedere quale sarà la società target scelta, senza accollarsi alcun tipo di rischio, perché le units hanno con sé il diritto di recesso e quindi, qualora la scelta della target non dovesse essere sufficientemente convincente, potranno recedere e rientrare non solo del capitale speso ma anche degli interessi maturati durante il deposito presso la fiduciaria.
FASE III: la ricerca della società target
E’ sicuramente la fase più importante del percorso, la fase che determinerà il successo dell’operazione - e quindi il valore economico per i promotori e per gli investitori, oppure l’insuccesso con la liquidazione della SPAC. In questa fase il tema management gioca un ruolo fondamentale, qui deve esprimere tutto il genio imprenditoriale, il fiuto, le capacità strategiche, la conoscenza dei mercati di riferimento. La ricerca può durare dai 18 al 24 mesi, il target giusto è la società di medie dimensioni ma con una attività operativa strategica per il settore di riferimento, con ottime possibilità di scalabilità e di crescita da accompagnare allo sviluppo nel mercato reale attraverso la quotazione in Borsa. Terminata la ricerca, inizia la contrattazione con la società target, con la firma di lettera di intenti ed accordi sul futuro. Fatta anche questa non resta che presentare la scelta agli investitori.
FASE IV: la Business Combination
Convocata l’assemblea straordinaria dei soci della SPAC si presenta agli investitori la scelta effettuata, i dettagli della società target e l’operazione di fusione possibile. Un passaggio delicato perché da lì dipenderà il voto favorevole o contrario all’operazione che gli investitori sono chiamati ad esprimere nei giorni successivi all’assemblea. Con il voto negativo gli investitori potranno uscire dall’operazione e rientrare in possesso - come detto precedentemente - di tutto il capitale investito. La business combination per avere successo dovrà essere votata favorevolmente dal 50+1 del capitale della SPAC. In tal caso si avvia il processo di fusione tra le due società, si svincolano i fondi raccolti in fase 2, con tali fondi si liquidano i dissenzienti e si avvia l’operatività della nuova società destinata a crescita ad alto potenziale nel mercato reale.
Alla luce di questa disamina delle SPAC, se si prova a rileggere la definizione che di esse ha dato Borsa Italiana è più facile comprenderne l’esatto senso.
Le SPAC rappresentano, come si vede, uno strumento appetibile per tutti gli stakeholders perché per i promoter i costi sono solo quelli di costituzione e di preparazione dell’IPO, per gli investitori il profilo di rischio è bassissimo perché in caso di voto negativo alla business combination rientrano di tutto il capitale investito, mentre, qualora invece si trovi la target giusta, allora tutti gli attori dell’operazione potranno godere di ingenti guadagni.
Resta comunque uno strumento molto complicato perché - da principio a fine dell’operazione - è un valzer di pura strategia che necessità di soggetti con grande credibilità personale e con elevate competenze di mercato e di alta finanza. Sotto il profilo della crescita numerica delle SPAC resta, inoltre, uno strumento legato al numero di potenziali società target. Più crescerà il numero di piccole e medie imprese ad alto potenziale e più crescerà il numero di possibili SPAC. Ovvio, quindi, che gli USA, ed in particolare la Silicon Valley, da sempre fucina di startup e PMI innovative, rappresentino per le SPAC una prateria da “invadere” e nella quale proliferare. Ed infatti, le più importanti operazioni si sono viste e concluse proprio oltre oceano. Lo scorso anno sono state lanciate, da grandi nomi della finanza, oltre 250 SPAC per circa 35 miliardi di dollari raccolti. In Italia i numeri sono ben diversi, sono 29 le SPAC con 3.8 miliardi di euro di capitali raccolti. Ma non va sottovalutato che l’ecosistema dell’innovazione sta crescendo rapidamente e quindi, per il principio sopra detto, c’è da scommettere che anche in Italia ne sentiremo parlare sempre di più.
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