La lira turca ha toccato i minimi storici. A pesare sono le difficoltà del governo nel bilanciare la politica monetaria contrastando l’inflazione, unite alla grave incertezza geopolitica in arrivo dal clima di guerra nella vicina Siria.
La lira turca ha toccato i minimi storici la scorsa settimana, a causa in primis di quella che gli analisti identificano come volontà del governo Erdogan di bilanciare la politica monetaria al fine di contrastare l’inflazione a due cifre.
La caduta della lira è stata poi accelerata dall’incertezza geopolitica sugli Stati Uniti e dal recente e massiccio attacco Usa nella vicina Siria. Venerdì, tuttavia, la valuta ha segnato un forte rimbalzo, dato che i massimi esponenti turchi hanno accennato a possibili azioni del governo in merito al tasso di cambio, sebbene non siano scesi nei dettagli. La domanda chiave ora è quanto queste azioni potranno essere efficaci.
Una politica che mette in primo piano la crescita rispetto al controllo dell’inflazione, guidata dal potente presidente turco Recep Erdogan, ha da tempo innervosito gli investitori dei mercati emergenti. Il presidente, che si è definito un “nemico dei tassi di interesse”, ha efficacemente impedito qualsiasi recente chiusura della banca centrale, nonostante l’inflazione si attestasse su un risonante 10,23%.
Erdogan ha definito la recente svendita della valuta un attacco economico da parte dei nemici della Turchia, parlandone come di “giochi che si fanno sulla nostra economia.”
Ma secondo gli investitori i mercati sono alla disperata ricerca di aumenti dei tassi da parte della banca centrale; le ultime due riunioni non hanno visto cambiamenti nella politica, a seguito delle richieste di Erdogan di mantenere bassi i tassi per aumentare così i numeri di crescita.
La lira, che dal mese di agosto si è deprezzata del 13,9% fino a raggiungere il minimo storico della scorsa settimana di 4,1944 contro il dollaro, quest’anno si classifica come una delle valute dei mercati emergenti con il rendimento peggiore.
I rendimenti dei titoli di stato turchi, nel frattempo, hanno toccato i massimi plurimensili, mentre il deficit è aumentato di oltre il 60% nello stesso periodo del 2017 a 4,152 miliardi.
Crescita sul controllo dell’inflazione
La crescita nel paese equivalente ad $80 milioni è stata impressionante; la crescita del PIL reale in Turchia ha raggiunto il 7,4% per il 2017, più del doppio rispetto al tasso di crescita dell’anno precedente e la più alta del G20.
Ma questo tasso non è privo di rischi secondo Adrien Pichoud, portfolio manager e chief economist presso SYZ Asset Management, il quale sostiene che l’economia si sta surriscaldando e presenta alcuni grandi squilibri come “un’inflazione a due cifre e un deficit statale che continua a crescere” , entrambi elementi che si traducono poi in una valuta debole.
È stato questo ambiente, secondo Pichoud, a spingere Moody’s a ridurre il rating della Turchia in termini di junk a marzo.
Vulnerabile ai cambiamenti globali
Funzionari e banchieri turchi, che sperano di raggiungere una crescita incoraggiante tramite la lotta all’inflazione, sostengono che la Turchia sia un caso speciale che merita una politica non ortodossa, a causa della sua popolazione giovane e in rapida crescita e della necessità di creare posti di lavoro.
Ma il Fondo Monetario Internazionale non condivide questa analisi. Il suo ultimo riassunto dell’articolo IV sulla Turchia ha elogiato la ripresa della nazione dal tentato colpo di stato a luglio del 2016, ma ha affermato anche che l’economia ora subisce segnali di surriscaldamento: un output gap positivo (ovvero la differenza tra il PIL effettivo e il PIL potenziale), un’inflazione di molto superiore ai target e un deficit pubblico più ampio.
Questo, secondo il FMI, rende la Turchia più vulnerabile alla volatilità e al cambiamento delle condizioni globali. Lo stallo della banca centrale è più che altro una manifestazione del controllo politico di Erdogan sulla politica fiscale della Turchia secondo gli esperti. Timothy Ash, strategist di Bluebay Asset Management, in una nota cliente ha spiegato come un simile aspetto sottolinei le sfide per la Banca centrale turca nella gestione della lira dal momento che Erdogan non si è mostrato per nulla disposto ad abbassare i tassi ufficiali.
Elezioni all’orizzonte
È fondamentale notare come Erdogan sia totalmente focalizzato sulle elezioni turche del novembre 2019, e ritenga che il protrarsi della crescita economica sia cruciale per garantire una rielezione del Partito AKP.
In un discorso del 9 aprile, Erdogan ha etichettato come “gelosi” tutti quelli che parlavano di un’eccessiva crescita in termini negativi.
Ma l’azione sui tassi di interesse resta necessaria “prima più che dopo” secondo Ash. E, considerata la passata inerzia della CBRT, il mercato si muoverà solo se si vedranno prospettive di cambiamento.
Il prossimo incontro politico della banca centrale è il 25 aprile; in assenza di un rialzo dei tassi, è molto probabile che la lira cali ancora.
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