Il cielo torna a volgere al sereno per l’economia globale, ma sulle piazze finanziarie sembrano già annidarsi nubi grigiastre. Aria di tempesta? Forse è il caso di annotare queste quattro paroline: inflazione, tapering, tassi e materie prime. E sperare per il meglio.
Se l’economia globale corre verso un maxi-rimbalzo, grazie alla combinata dei vaccini, degli stimoli e delle condizioni di finanziamento favorevoli, le piazze finanziarie – che già hanno capitalizzato buona parte dei fattori rialzisti, viste le performance dei listini europei e statunitensi da gennaio a questa parte – si ritrovano a fare i conti con uno scenario ancora mutevole, sul quale un peso decisivo sarà esercitato dalle banche centrali.
Per gli investitori, secondo gli analisti, sono quattro i rischi all’orizzonte, legati all’inflazione, al tapering, ai tassi e alle materie prime. Con una bonus track: le criptovalute.
1. Crescita dell’inflazione
Il primo rischio non è una sorpresa, e ha già mandato ko le Borse: la crescita dell’inflazione. La liquidità pompata nelle economie durante la crisi pandemica, fondamentale per tenere a galla il sistema, finirà inevitabilmente per presentare il conto sotto forma di fiammate inflative. Alcuni segnali, in tal senso, arrivano già dagli Stati Uniti, con i dati di aprile che hanno mostrato una impennata dei prezzi al consumo, +4,2% contro il +3,6% del consensus.
Il timore, sussurrato a denti stretti, è che la vivacità dei prezzi possa accelerare il rientro delle banche centrali dalle politiche superespansive dell’ultimo anno, finendo per togliere prima del tempo il bocchettone dell’ossigeno.
2. Tapering
Nel dettaglio, uno degli effetti che la corsa dei prezzi potrebbe determinare in termini di politiche monetarie delle banche centrali è il tapering, ovvero una riduzione del ritmo degli acquisti di bond sovrani e non. Al momento, consapevoli del potenziale impatto, sia la BCE che la Fed fanno melina sulle sforbiciate al Qe, me è chiaro che un graduale dietrofront sugli stimoli monetari finirebbe per concretizzarsi se la stabilizzazione dei prezzi dovesse diventare una necessità.
3. Aumento dei tassi d’interesse di mercato
C’è, poi, la questione spinosa legata all’aumento dei tassi d’interesse di mercato e dei rendimenti delle obbligazioni – dal Bund, benchmark dell’Eurozona, al Btp a dieci anni italiano, i rialzi sono stati un trend consolidato negli ultimi tempi – con i bond che potrebbero finire per tornare a concorrere con i titoli dell’azionario. E per danneggiare, inoltre, i titoli a reddito fisso già emessi, dato che le loro quotazioni si svalutano in conto capitale quando i rendimenti delle nuove emissioni salgono.
4. Il boom delle materie prime (e il capitolo criptovalute)
Infine, ennesimo risvolto dell’inflazione, c’è il boom delle materie prime, con una maxi-domanda – soprattutto per le infrastrutture, in Cina e negli Stati Uniti – che sta gonfiando i prezzi e rendendo pressoché irreperibili alcuni metalli. Il rischio, in questo caso, è che i costi più alti finiscano per essere scaricati sui prodotti finiti, e quindi sulle tasche dei consumatori.
A minare le certezze del mercato, inoltre, fanno capolino anche Bitcoin&Co., sull’ottovolante negli ultimi mesi tra picchi record e pullback giornalieri in doppia cifra. Le scommesse speculative potrebbero frenare ora che le banche centrali hanno iniziato a tirare per la giacca investitori retail e istituzionali, ma con il mito evergreen dei soldi facili nuovi pump dei prezzi non sono da escludere.
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