Come ogni primo venerdì del mese, l’US Bureau of Labor Statistics ha rilasciato il dato relativo ai nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli statunitensi. La lettura emersa oggi si è rivelata molto al di sopra delle attese. La Fed modificherà l’attuale politica monetaria? Ne abbiamo parlato con Vincenzo Longo, Market Strategist per IG e Carlo Alberto De Casa, Capo Analista per ActivTrades
Come ogni primo venerdì del mese l’US Bureau of Labor Statistics ha pubblicato i dati sul mercato del lavoro statunitense, attentamente monitorati dagli operatori dei mercati finanziari. I Non-Farm Payrolls hanno ampiamente battuto le stime del consensus.
Gli investitori attendevano i dati sull’occupazione di aprile, a seguito del brillante dato sul Pil del primo trimestre, ma sopratutto dopo la riunione della Federal Reserve di mercoledì scorso, dove Powell ha affermato che «le possibilità di nuovi tagli dei tassi sono scarse al momento».
Tuttavia i brillanti dati macroeconomici che continuano ad emergere fanno a pensare a tutt’altro che ad un’economia debole.
I Non Farm Payrolls nel dettaglio
Dalle rilevazioni rilasciate nel primo pomeriggio è emerso che nel mese di aprile sono stati creati 263 mila nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli Usa, un dato di gran lunga superiore alle aspettative, ferme a 190 mila unità.
Tasso di disoccupazione ai minimi dal 1969, ma salari stabili
Dai dati rilasciati dall’Ufficio Statistiche sul Lavoro statunitense ha fatto clamore anche la discesa del tasso di disoccupazione passato che dal 3,8% si è attestato al 3,6%, il dato più basso dal dicembre 1969.
A favorire questo movimento potrebbe essere stato in parte anche il tasso di partecipazione, sceso al 62,8% dal 63%. Le revisioni dei mesi precedenti hanno visto il dato di febbraio salire a 56.000 unità da 33.000 unità, mentre quello di marzo è sceso a 189.000 unità, da 196.000 unità.
Nel complesso le revisioni hanno aumentato di 16.000 mila unità i posti di lavoro nei due mesi precedenti. La crescita dei salari, sempre ad aprile è rimasta al 3,2% anno su anno, contro attese che vedevano un’accelerazione al 3,3%.
La lettura sui nuovi posti di lavoro supera di gran lunga la media dei precedenti 12 mesi, ferma a 213 mila unità. I settori che hanno assunto di più sono stati quelli relativi ai servizi alle imprese, le costruzioni, l’health care e quello del welfare.
«I dati di oggi sono senz’altro positivi. Il tenore della crescita dei posti di lavoro è più che soddisfacente e di certo non segnalano timori o preoccupazioni da parte delle imprese, che continuano ad assumere».
«L’unica nota stonata è la crescita dei salari che rimane stabile, un segnale che la qualità del mercato del lavoro fa ancora una certa fatica ad aggiustarsi, nonostante la disoccupazione sia sotto il suo livello naturale di lungo periodo», afferma Vincenzo Longo, Market Strategist per IG.
Solo l’inflazione bassa giustifica una Fed ancora dovish
Dopo il dato sul Pil della scorsa settimana e le considerazioni della Fed di mercoledì sera, gli investitori possono continuare a modificare le proprie aspettative sulle prossime manovre di politica monetaria.
«Se i dati macro dovessero tenere questo tenore nei prossimi mesi, basterà anche solo un tentativo di accelerazione dell’inflazione per spingere la Fed a riprendere il percorso di rialzo dei tassi a dicembre. Proprio la bassa inflazione sembrerebbe essere uno dei principali motivi che al momento giustificano la sospensione del rialzo dei tassi», commenta l’esperto di IG.
La reazione dei mercati
«Sui mercati, la pubblicazione dei dati si è tradotta con un’iniziale apprezzamento del biglietto verde, rientrato però solo dopo pochi minuti. Anche sul comparto govies, i Treasury hanno reagito male, salvo recuperare le perdite. Bene invece i future, anche se come capita spesso in queste occasioni le vendite potrebbero riproporsi dopo l’apertura di Wall Street», conclude Vincenzo Longo, Market Strategist per IG.
Il commento di Carlo Alberto De Casa, Capo Analista per ActivTrades
"Bella sorpresa dai dati americani con i Non-Farm Payrolls a 266 mila unità in aumento dai precedenti 181 mila unità, nettamente al di sopra delle attese. Questo può essere un elemento positivo per il comparto azionario. I timori che prima erano sul tavolo sono – almeno – posticipati. Per quanto riguarda l’euro-dollaro la news ha spinto al rialzo le quotazioni da 1,1150 fino a ritestare nuovamente area 1,1200. L’unico dato che ha mancato le aspettative è stato quello relativo alla crescita dei salari.
Ci si avvia alla chiusura di una settimana lunga, nonostante le Borse giapponesi chiuse. In questa ottava non ci siamo annoiati: la BoE ieri, la riunione della Fed e – oggi – i dati sul mercato del lavoro provenienti dagli Stati Uniti. Fronte materie prime, segnali interessanti di ripresa dal gold che sorprendentemente sfrutta la debolezza del dollaro per rimbalzare dai 1.270 dollari a 1.280 dollari, disegnando una sorta di doppio minimo sporco che ha come base l’area compresa tra i 1.266 e i 1.270 dollari l’oncia. Interessante anche l’argento, dove si è assistito ad un corposo rimbalzo. L’azionario, come ho detto, resta positivo: le Borse europee, così come gli indici Usa continuano a segnare bei numeri. Interessante la tenuta del Dax in questi giorni, prima dei dati americani. L’indice azionario tedesco tenta di portarsi sui 12.400 punti, il trend di fondo è ancora ben impostato al rialzo".
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