La Banca centrale norvegese ha annunciato di voler incrementare il costo del denaro. Gli analisti approvano.
In un momento in cui tutte le maggiori banche centrali del pianeta battono in ritirata, ce n’è una che invece ha annunciato di volere incrementare il costo del denaro.
A quelli istituti che avevano fatto sapere che il 2019 sarebbe stato l’anno in cui le politiche di normalizzazione dei tassi avrebbero avuto la meglio, e che negli ultimi mesi si sono affrettate a compiere un’inattesa inversione a U, fa da contraltare il comportamento della banca centrale norvegese.
Norvegia: nuovo incremento in arrivo
Oggi la Norges Bank ha annunciato di aver confermato, come da attese, il costo del denaro in quota 1 punto percentuale. Meno scontato era invece l’annuncio che nel corso del meeting in calendario a giugno il benchmark sarà innalzato.
“La valutazione di prospettive e rischi da parte del Comitato esecutivo porta a stimare che il tasso ufficiale sarà probabilmente alzato nel mese di giugno”, ha detto il governatore dell’istituto, Oystein Olsen.
La decisione di incrementare il costo del denaro fa il paio con quella già adottata a marzo, quando il costo del denaro è stato alzato di 25 punti base.
Norvegia: inflazione maggiore del previsto
“Le prospettive e la valutazione dei rischi continuano ad implicare un graduale incremento della politica dei tassi”, riporta la nota emessa dalla Norges Bank. Nonostante “l’incertezza che circonda la situazione globale persista”, in Norvegia “l’utilizzo della capacità produttiva sembrerebbe in crescita più delle stime, mentre l’inflazione è già a livelli maggiori del previsto”.
Con il Pil in aumento annuo dell’1,7%, l’indice dei prezzi al consumo registra un +2,9 per cento mentre il tasso di disoccupazione è a livelli fisiologici (3,8%).
Norvegia: analisti concordi con la banca centrale
L’ipotesi di un ulteriore stretta appare valida, riporta una nota elaborata dagli analisti di ING. “L’economia domestica è in buona salute, spinta dalla ripresa dei prezzi energetici negli ultimi due anni”.
Secondo le stime della stessa banca centrale, il costo di break-even nel comparto petrolifero è a 10-35 dollari il barile, decisamente al di sotto dei circa 70 dollari attuali, e questo sta spingendo gli investimenti nel comparto.
“In un contesto del genere, in cui va sottolineato un mercato del lavoro particolarmente in salute, la crescita dei salari è destinata ad aumentare ulteriormente".
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