Ecco perché bisogna continuare ad essere prudenti sui mercati obbligazionari: gli otto motivi per muoversi senza rischi (o quasi) di Gam.
Investire nei mercati obbligazionari? Sì, ma con cautela. Almeno così la pensa Tim Haywood, responsabile delle strategie obbligazionarie Absolute Return di Gam che elenca una serie di ragioni per essere prudenti su questo genere di investimenti.
I motivi per Haywood sono otto e vanno dai dati sull’inflazione alla performance degli equity passando per l’aumento dei tassi delle Banche centrali.
Inflazione, rendimenti e Banche centrali
La prima ragione che Haywood elenca riguarda l’inflazione, che sta avanzando.
“A ogni piccolo aumento dell’inflazione attesa corrisponde un aumento significativo dei rendimenti obbligazionari. Acquistare titoli indicizzati all’inflazione, i cui prezzi potrebbero essere influenzati dal livello dei rendimenti nominali, dall’inflazione e da fattori relativi a domanda e offerta potrebbe non essere una soluzione”, osserva l’esperto.
Poi ci sono i tassi delle Banche centrali e gli acquisti straordinari che queste ultime stanno compiendo: in aumento i primi, in diminuzione i secondi.
“Dopo anni di tagli ai tassi di interesse la maggior parte delle Banche centrali hanno raggiunto un punto di minimo. I venti favorevoli di cui hanno beneficiato per buona parte degli ultimi trent’anni i mercati obbligazionari potrebbero venire meno” spiega Haywood.
Sull’altro fronte, c’è da considerare il sell-off ha che ha interessato i Titoli di Stato USA e l’aumento dei rendimento dei Titoli di Stato europei, in seguito alla prospettiva dei tagli degli acquisti della Bce:
“Il QE della Bce è stato immenso rispetto all’emissione netta delle obbligazioni e, sempre in base a questo parametro, vasto rispetto alle dimensioni dell’omologo programma statunitense”.
Quarta ragione per essere cauti sui mercati obbligazionari? Il basso rendimento dei bond di alta qualità, che a volte nonostante l’alto valore, continuano a offrire rendimenti a scadenza negativi.
Per questo Haywood fa notare che “dato che le obbligazioni hanno un prezzo alla scadenza dato, tenere bond dal rendimento negativo fino al termine è una garanzia di perdita in termini nominali, di perdere di più in presenza di inflazione e di perdere ancora di più in caso di default”.
In questo scenario, tenuto conto dei questi quattro elementi, l’analista consiglia di puntare sui bond a breve scadenza o comprare fondi che a loro volta fanno short duration.
Tre aspetti che potrebbero non funzionare nel 2018
Haywood si sofferma poi ad analizzare tre tecniche tradizionali per generare maggior valore che però negli ultimi tempi hanno perso appeal.
Intanto, l’acquisto del debito a lunga scadenza, che offre un extra rendimento bassissimo su scala storica, e i mercati del credito che “sono nella fase più stretta in cui si sono trovati dalla crisi finanziaria”.
Se, dunque, queste due tipologie di investimento sono diventate meno interessanti, la conclusione dell’analista è che “lo swing del mercato del trading potrebbe rimanere un’opzione per gli investitori attivi”.
Infine, un consiglio basato sulla volatilità dei prezzi: fin quando restano più o meno stabili può essere interessante l’investimento lungo passivo ma se diminuissero bisognerebbe optare per quello attivo.
“Nel frattempo, il valore delle opzioni i cui prezzi sono influenzati dalle attese di volatilità e di tassi di interesse potrebbero aumentare, dato che entrambi i fattori saranno in salita quest’anno. L’acquisto di opzioni, e non la vendita, rappresenta una strategia più prudente quando i mercati sono anestetizzati e diventano costosi (dove dovrebbero brillare le opzioni put)”, la conclusione di Haywood.
L’equity, nemico numero uno dei bond
Lo scorso anno, sia negli Stati Uniti che in Europa, la performance del mercato azionario è stata ampiamente migliore rispetto a quella del mercato obbligazionario per il sesto anno consecutivo.
“L’outlook di crescita per i prossimi trimestri è positivo e sufficientemente robusto da contribuire alla crescita degli utili societari in diversi settori nonostante il crescere dei salari e dei prezzi delle materie prime. I dividendi rimangono più interessanti dei rendimenti dei bond emessi dalle stesse società”, osserva Haywood.
Per circa 30 anni i mercati obbligazionari hanno beneficiato delle politiche delle Banche centrali volte a ridurre i tassi, ormai arrivati ai minimi. Quella spinta, secondo Tim Haywood, si sta lentamente esaurendo.
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