La proroga di Opzione Donna manda in pensione le lavoratrici nate entro il 1960 (1959 se autonome). Anticipare l’uscita dal lavoro, però, ha un costo.
Opzione Donna torna ad essere una misura utile per andare in pensione; l’articolo 16 del decreto legge 4/2019, infatti, ha prorogato di un anno questa strada per il pensionamento anticipato.
Insiema a Quota 100, Opzione Donna contribuisce ad abbassare notevolmente l’età per l’accesso alla pensione: con questa misura - che come si può facilmente intuire è riservata alle lavoratrici di sesso femminile - infatti si matura il diritto alla pensione all’età di 58 anni e a fronte di 35 anni di contributi.
Ci sono però delle precisazioni da fare: dal raggiungimento dei requisiti per la pensione alla decorrenza della stessa trascorrono almeno 12 mesi. Opzione Donna, infatti, include una finestra mobile di un anno per le lavoratrici dipendenti, di 18 mesi per le autonome. Quest’ultime godono di un trattamento di minor favore anche per quanto riguarda i requisiti di Opzione Donna: il diritto alla pensione per le autonome, infatti, si acquisisce all’età di 59 anni.
C’è un’altra precisazione da fare, probabilmente la più importante: Opzione Donna comporta una riduzione dell’assegno previdenziale, dal momento che chi vi accede deve accettare che il calcolo della pensione avvenga interamente con il sistema contributivo. Prima di decidere se andare in pensione con Opzione Donna oppure se continuare a lavorare per qualche anno - e magari maturare i requisiti per Quota 100 - bisogna capire di quanto si riduce l’assegno; di seguito vi daremo alcune informazioni su come calcolare la decurtazione prevista, ma prima vediamo come funziona Opzione Donna e quali sono le scadenze previste.
Opzione Donna: requisiti e scadenze
Come anticipato, per maturare il diritto alla pensione con Opzione Donna bisogna soddisfare un requisito anagrafico e uno contributivo. Nel dettaglio:
- 35 anni di contributi;
- 58 anni di età se lavoratrici dipendenti;
- 59 anni di età se lavoratrici autonome.
C’è un però; i suddetti requisiti devono essere stati maturati entro la data del 31 dicembre 2018. Ciò limita l’accesso ad Opzione Donna alle dipendenti nate entro il 31 dicembre 1960, e alle autonome entro il 31 dicembre 1959.
Per questa tipologia di prestazione, inoltre, è stata confermata la finestra mobile ben più lunga rispetto a quella trimestrale (o semestrale) prevista per Quota 100. Ricordiamo che con il termine “finestra mobile” si intende il periodo che va dalla maturazione del diritto alla pensione alla decorrenza della stessa.
Dal raggiungimento dei suddetti requisiti alla decorrenza della pensione devono trascorrere in questo caso 12 mesi per le lavoratrici dipendenti, 18 mesi per le autonome.
Quindi, mentre le lavoratrici dipendenti dovranno attendere almeno fino ai 59 anni di età per ricevere il primo assegno pensionistico, per le autonome questo arriva superati i 60 anni.
Quanto si perde con Opzione Donna
Per accedere ad Opzione Donna è necessario che la lavoratrice abbia almeno una settimana contributiva accreditata entro il 31 dicembre 1995, data che ha segnato il passaggio da calcolo retributivo al calcolo contributivo per la pensione. Ma d’altronde, visto che per andare in pensione sono richiesti almeno 35 anni di contributi, non potrebbe essere altrimenti. Per quanto riguarda i contributi riconosciuti ai fini pensionistici sono validi quelli accreditati a qualsiasi titolo, compresi i contributi figurativi. Tuttavia, per le lavoratrici iscritte all’AGO non si tiene conto dei contributi figurativi accreditati nei periodi di malattia o disoccupazione.
Come già anticipato, per beneficiare di Opzione Donna bisogna accettare un trattamento meno vantaggioso per il calcolo della pensione: l’assegno, infatti, viene calcolato interamente con il sistema contributivo anche per la parte accreditata prima del 31 dicembre 1995. Ciò comporta una decurtazione dell’assegno che in media oscilla dal 25% al 35%, ma ci sono casi in cui la penalizzazione può essere persino più elevata.
La misura del taglio, infatti, è molto variabile perché dipende da fattori come l’età della lavoratrice, le caratteristiche di carriera, la retribuzione e l’anzianità contributiva maturata. Ad esempio, una lavoratrice che ha iniziato a lavorare molto presto - e quindi avrebbe una quota rilevante calcolata con il sistema retributivo - subirà una decurtazione maggiore.
Di seguito riportiamo una tabella elaborata da PensioniOggi.it con alcuni esempi su quanto si riduce l’assegno, così da farvi un’idea. Per maggiori informazioni, comunque, vi consigliamo di rivolgervi ad un centro di assistenza fiscale, o anche all’ufficio Inps competente sul territorio.
Dati | Esempio A | Esempio B | Esempio C | Esempio D |
Data di nascita | 05/03/1959 | 05/03/1959 | 05/03/1960 | 05/03/1960 |
Inizio attività lavorativa | 05/06/1979 | 05/96/1979 | 05/06/1980 | 05/06/1980 |
Retribuzione annua lorda 2018 | 30.000€ | 60.000€ | 30.000€ | 60.000€ |
Prima data utile per la pensione anticipata | 05/04/2021 | 05/04/2021 | 05/04/2022 | 05/03/2022 |
Importo pensione (calcolo misto) | 24.510,00€ | 46.200,00€ | 24.520,00 | 46.550,00 |
Prima data utile per Opzione Donna | 01/01/2019 | 01/01/2019 | 01/01/2019 | 01/01/2019 |
Importo pensione (calcolo contributivo) | 17.810€ | 29.210€ | 17.350€ | 28.620€ |
Decurtazione | -27% | -37% | -29% | -39% |
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