Il rinnovo di Opzione Donna rientra nei programmi del governo Pd-M5S, ma i dubbi sono ancora tanti in tema di durata requisiti. Facciamo il punto.
Opzione donna, il rinnovo ci sarà ma come? Difficile dirlo. A pochi giorni dalla presentazione del nuovo governo giallorosso e del programma che dovrebbe andare a gettare le basi per un Paese pronto a cambiare, l’entusiasmo intorno alla proroga di Opzione Donna inizia a mostrare le prime crepe.
Il rinnovo della misura di pensionamento anticipato riservato alle lavoratrici che hanno maturato i requisiti richiesti, spicca tra le misure del welfare contenuto nel punto 4 del programma di governo che va delineandosi.
La proroga di Opzione Donna, bisogna dirlo, era tra le misure che più rischiavano di crollare davanti allo spettro della legge di Bilancio 2020, per questo il suo rinnovo a sorpresa è stato accolto con un certo entusiasmo, e altrettanta fiducia, dopo un mese di crisi di governo che aveva aperto la strada agli scenari più neri.
Ma non tutto è superato, anzi. Tralasciando il fatto che si tratta ancora di parole per l’aria, benché scritte nero su bianco, e tralasciando anche che la legge di Bilancio 2020 rimane la priorità assoluta se si vuole evitare che l’Iva lieviti a scapito degli italiani, un problema rimane aperto: come si realizzerà la proroga di Opzione?
Opzione Donna, un’incognita certa
Opzione Donna è stata prorogata, surclassando la ben più blasonata compagna di avventure, Quota 100, che invece rimane sospesa in un limbo di ipotesi e indiscrezioni. Un pò di pace è stata così data alle lavoratrici, anche e soprattutto a quelle che avrebbero raggiunto i requisiti proprio a scadenza della riforma; ovvero al 31 dicembre 2019.
Eppure un problema rimane, e se nell’euforia di leggere un programma di welfare che sembra finalmente porre l’accento su problematiche urgenti e troppo spesso dimenticate, vedi la pensione di garanzia per i giovani o l’applicazione delle direttive europee in materia di congedo di paternità e conciliazione tra lavoro e vita privata, su Opzione Donna un riflettore si spegne.
Si, perchè sul “per quanto tempo” e sulla natura dei requisiti (cambieranno, non cambieranno?), non si è fatta menzione. Non a caso Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, non ha nascosto di trovare il programma di governo in tema di pensioni vago e insufficiente, oltre che per certi aspetti addirittura incomprensibile.
Opzione Donna, in particolare, è una misura “che seppur auspicabile, non basta a dare una risposta vera all’esigenza di riconoscere il lavoro di cura e il complessivo lavoro delle donne”, spiega Ghiselli.
Quindi seppur più che positivo il rinnovo di Opzione Donna, secondo il segretario confederale della Cgil in realtà nel programma di governo “non c’è nulla che assomigli ad una vera riforma della previdenza”.
Opzione Donna, un ripasso sui requisiti
Non resta che aspettare per vedere se la riforma avrà un più ampio respiro in termini di tempo o se anche stavolta si sceglierà di darle una scadenza. Il lavoro del nuovo governo è appena iniziato ed è necessario tenere a mente che la legge di Bilancio preme e che, alla fine, sarà davvero l’unica a poter dare una direzione anche in tema pensioni.
Intanto ricordiamo quali sono ad oggi per legge i requisiti che permettono alle lavoratrici di accedere a Opzione Donna, preparandoci in vista della proroga, certa, e di un eventuale mantenimento degli stessi.
Opzione Donna, nata con Legge Maroni del 2004. ripresa con la riforma Fornero del 2011 e rinnovata con le leggi di bilancio 2017 e 2019, permette alle lavoratrici dei settori pubblico e privato di andare in pensione anticipata con un assegno calcolato interamente sul sistema contributivo; quindi con un taglio sull’importo finale del 20-30%.
A poter usufruire di questa possibilità sono tutte le lavoratrici che, ad oggi secondo quanto previsto dalla legge di Bilancio 2019, hanno raggiunto i 58 anni (59 per le lavoratrici autonome) e 35 anni di versamenti al 31/12/2018.
Si ricorda che sono escluse coloro che sono iscritte alla gestione separata o che vogliono usare i contributi maturati con tale gestione per raggiungere il requisito contributivo.
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