Da Parnasi al Lussemburgo: tutte le ombre sui conti della Lega di Salvini

Alessandro Cipolla

14 Giugno 2018 - 13:18

L’Espresso ha indagato sui movimenti finanziari della Lega di Salvini, scovando intricati giri di denaro e donazioni (anche da Parnasi) alla onlus Più Voci.

Da Parnasi al Lussemburgo: tutte le ombre sui conti della Lega di Salvini

Se la Chiesa “non si governa con le Ave Maria” come disse una volta il cardinale Paul Marcinkus, anche un partito come la Lega non si regge con ogni probabilità sulle dirette Facebook e sulle ruspe.

Da quando nel dicembre 2013 è diventato segretario del partito, Matteo Salvini ha portato la Lega dal 4% delle precedenti politiche al 17% dello scorso 4 marzo, con il carroccio che al momento è una delle due forze trainanti assieme al Movimento 5 Stelle del nuovo governo Conte.

Un successo politico che però si porta dietro anche un interrogativo: che fine hanno fatto i 48 milioni che la Lega dovrebbe restituire dopo la condanna di Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Francesco Belsito per truffa ai danni dello Stato?

Una domanda questa alla quale ha provato a dare una risposta L’Espresso , con l’inchiesta del settimanale che ora si intreccia a degli avvenimenti più recenti come la perquisizione dei finanzieri in Sparkasse (banca di Bolzano) alla ricerca di parte dei soldi del carroccio.

Il tesoro della Lega

Nel luglio del 2017 il Tribunale di Genova ha condannato Umberto Bossi (2 anni e 6 mesi) e Francesco Belsito (4 anni e 10 mesi) per una truffa da 56 milioni ai danni dello Stato, disponendo anche la confisca di 48 milioni dai conti della Lega.

Secondo i giudici il carroccio dal 2008 al 2010 avrebbe presentato dei rendiconti irregolari in Parlamento, ottenendo così dei rimborsi elettorali gonfiati (fondi pubblici) che sarebbero stati usati in parte per le spese personali della famiglia del Senatur.

Lo scorso 18 aprile la Corte di Cassazione ha confermato il sequestro dei 48 milioni alla Lega, rigettando il ricorso presentato dai legali di Umberto Bossi (rieletto nel frattempo alle elezioni del 4 marzo).

Il problema però è che degli oltre 48 milioni che all’epoca erano nelle disponibilità del partito, i giudici nelle casse del carroccio ora hanno trovato soltanto poco più di 2 milioni con la Lega che ha sempre giustificato il fatto dicendo che i soldi sono stati spesi dal partito.

Il giro di denaro

A cercare di dare una risposta a questa domanda è stato in maniera insistente L’Espresso, che con una serie di inchieste a firma di Giovanni Tizian e Stefano Vergine ha provato a fare luce sui conti della Lega.

Un primo approfondimento del settimanale ha parlato di diversi milioni che, sia sotto la gestione del partito da parte di Maroni che di Salvini, sarebbero stati investiti comprando obbligazioni di alcune Banche e multinazionali.

Una legge del 2012 vieta espressamente che un partito politico possa investire in uno strumento finanziario diverso dal titolo di Stato. L’Espresso quindi (la Lega ha poi annunciato vie legali dopo la pubblicazione dell’articolo) ha parlato di 1,2 milioni che sotto la guida di Salvini sarebbero stati investiti in obbligazioni di Mediobanca, Gas Naturale e ArcelorMittal.

Oltre a essere vietato dalla legge, questo investimento se veritiero andrebbe a generare anche un grande conflitto d’interesse. ArcelorMittal infatti è la multinazionale che vorrebbe rilevare l’Ilva di Taranto e che è al centro di lunghe trattative con istituzioni e parti sociali.

Con la Lega adesso al governo, il conflitto di interesse sarebbe palese se veramente il carroccio avesse in qualche modo acquistato obbligazioni dell’azienda indiana.

Il resto dei soldi secondo L’Espresso sarebbe stato poi spacchettato in diversi conti. In particolare ce ne sarebbe uno da 24,4 milioni presso l’Unicredit di Vicenza, soldi che poi sarebbero partiti di nuovo verso delle società riconducibili al partito.

Nella banca altoatesina Sparkasse, sarebbero finiti secondo l’inchiesta 10 milioni tra soldi liquidi e titoli finanziari poi indirizzati subito verso altri lidi. Proprio a Bolzano nei giorni scorsi si sono presentati i finanzieri per fare luce su due operazioni sospette.

Secondo la Procura di Genova che sta indagando per riciclaggio a carico di ignoti, da un conto della Sparkasse sarebbero partiti 3 milioni alla volta del Lussemburgo, somma che poi sarebbe rientrata di recente nell’istituto bancario altoatesino.

A segnalare all’Italia la doppia operazione finanziaria è stato proprio il Lussemburgo, che ha ritenuto sospetto il rientro della somma nel Bel Paese. Oltre che a Bolzano, sono state fatte perquisizioni anche a Milano e Collecchio.

L’onlus Più Voci

Secondo l’inchiesta de L’Espresso un ruolo di primo piano nella gestione dei fondi della Lega è stato svolto da Più Voci, una onlus fondata nel 2015 da tre commercialisti vicini alle Lega tra cui Giulio Centemero, ora deputato e tesoriere del partito.

Il settimanale infatti parla di bonifici arrivati alla onlus tra l’ottobre 2015 e l’agosto 2016 pari a 313.900 euro. Soldi questi arrivati come libere donazioni da Esselunga e da Luca Parnasi, il costruttore romano appena arrestato per la vicenda dello stadio della Roma e che Salvini ha subito in qualche modo difeso definendolo “una persona perbene”.

I soldi delle donazioni arrivate a Più Voci sarebbero poi stati girati in parte a Radio Padania e in parte a Mc srl, una impresa che è l’editrice del quotidiano online Il Populista. Due società quindi molto vicine alla Lega.

Da Bergamo poi, dove la onlus ha la sua sede, secondo quanto raccontato da L’Espresso sarebbero nate sette società detenute dalla Seven Fiduciaria che è controllata dalla Sevenbit, altra impresa bergamasca.

La Sevenbit, che tra gli azionisti annovera anche una nipote di Berlusconi, è detenuta per il 90% dalla holding lussemburghese Ivad Sarl fondata da Angelo Lazzari, che è anche da quanto riferisce il settimanale il presidente del consiglio d’amministrazione della Sevenbit.

Nel 2015 la Ivad Sarl viene ceduta alla Prima Fiduciaria, società specializzata nella creazione di trust, che al suo interno vedrebbe come azionista la lussemburghese Arc advisory company, fondata nel 2006 sempre da Angelo Lazzari.

L’Espresso quindi ha interpellato il tesoriere Giulio Centemero, che ha assicurato però come le sette società facenti parte della Seven Fiduciaria non abbiano nessun tipo di rapporto con la Lega.

La Procura di Genova intanto sta svolgendo le proprie indagini: per capire se la ricostruzione del settimanale è veritiera o meno, non resta che aspettare i prossimi sviluppi dell’inchiesta.

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