Pensioni, la proposta del Presidente dell’Inps è di dividere l’assegno in due così da poterci andare a 67 anni. Ma conviene davvero? Ecco quanto si prende.
Il Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, ha fatto recentemente la sua proposta per la riforma delle pensioni: nel dettaglio, questo ha pensato a una misura di flessibilità che consentirebbe l’uscita dal mercato del lavoro al compimento dei 63 anni, percependo però fino ai 67 anni solamente la parte di pensione maturata nel contributivo.
Una misura di flessibilità con doppia quota, con il neo pensionato che quindi per i successivi quattro anni potrà contare solamente su una parte della pensione maturata. Per questo motivo - in attesa di capire se questa misura verrà presa in considerazione quando si discuterà della prossima riforma delle pensioni - è bene fare chiarezza su quale sarebbe eventualmente l’importo della pensione nei quattro anni in cui si avrà diritto alla sola quota contributiva.
Ovviamente non c’è un importo fisso in quanto dipende dalla situazione contributiva dell’interessato; tuttavia, possiamo - guardando alle regole del regime di calcolo contributivo - farci comunque un’idea di quelle che saranno le cifre e soprattutto di quando questa misura sarebbe più conveniente.
Come funziona il calcolo della pensione
Prima di andare avanti serve ricordare brevemente come funziona il calcolo della pensione in Italia. L’attuale sistema è frutto di quanto deciso dalla riforma Dini del 1995 prima e dalla riforma Fornero del 2011 poi.
Nel dettaglio:
- per i contributi riferiti al periodo precedente al 1° gennaio 1996 si utilizza il calcolo retributivo;
- per i contributi riferiti al periodo successivo al 1° gennaio 1996 si utilizza il calcolo contributivo;
- per chi alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato almeno 18 anni di contributi il retributivo si applica per il periodo precedente al 1° gennaio 2012, il contributivo per quello successivo.
Per questo motivo la pensione per coloro che hanno contributi maturati in entrambi i regimi si calcola con due differenti sistemi: si avrà, quindi, una quota A dell’assegno calcolata con il retributivo e una quota B calcolata con il contributivo.
Come funziona la proposta dell’Inps per anticipare l’accesso alla pensione
La proposta del Presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, è quella di consentire al lavoratore di accedere alla pensione con quattro anni di anticipo, all’età di 63 anni (e 20 anni di contributi).
Tuttavia, anziché pagare tutta la pensione ci sarebbe la liquidazione della sola quota B, quella calcolata con il contributivo. Per la quota A, calcolata con il retributivo, bisognerebbe invece aspettare il compimento dei 67 anni.
In questo modo la misura di flessibilità avrebbe un costo ridotto: secondo la relazione Inps questa costerebbe appena 500 milioni nel 2022, mentre nel 2029 raggiungerebbe un costo che è di 2,4 miliardi.
Pensione a 63 anni: quanto si prende?
Accettando di andare in pensione a 63 anni si accetta anche di ricevere inizialmente solo una quota dell’assegno, quella calcolata con il regime contributivo.
Semmai, quindi, questa misura dovesse diventare realtà, prima di decidere se approfittarne o meno bisognerebbe farsi un’idea di quale sarebbe la pensione immediatamente riconosciuta così da capire se ci sarebbe una somma sufficiente per soddisfare tutti i bisogni quotidiani.
Detto questo, ricordiamo come funziona il sistema di calcolo contributivo:
- per ogni anno di lavoro si accumula una parte di contributi: nel dettaglio il reddito annuo lordo viene moltiplicato per la cosiddetta aliquota di computo - che per il lavoratore dipendente è pari al 33% - e il risultato è appunto la quota contributiva che viene versata ogni anno;
- i contributi versati, rivalutati, si accumulano nel montante contributivo;
- il montante contributivo si trasforma in pensione applicandovi un apposito coefficiente che varia a seconda dell’età in cui si accede alla pensione. Nel caso dei 63 anni, questo è pari a 4,910% (valore aggiornato per il biennio 2021-2022).
Esempi pratici
Pensiamo, ad esempio, a un lavoratore che ha maturato 10 anni di contributi nel regime contributivo e 20 nel retributivo, con un reddito annuo lordo di 20.000€. Per ogni anno di lavoro questo ha messo da parte 6.600€ di contributi, con un montante contributivo dunque che nei 10 anni è pari a 66.000€. Applicando a questa cifra il coefficiente di trasformazione previsto a 63 anni, quindi 4,910%, ne risulta che tra i 63 e i 67 anni questo andrà a percepire una pensione annua di 3.240€ lordi, 249,27€ (lordi) al mese.
Ai 67 anni, poi, si aggiungerà anche la parte maturata nel retributivo, per la quale - semplificando - si prende il 2% della media delle ultime retribuzioni per ogni anno di contributi versato. Nel caso di specie, con il lavoratore che ha maturato 20 anni di contributi nel retributivo con una media delle ultime retribuzioni di 20.000€, spetta un assegno annuo di 8.000€, circa 660,00€ al mese.
Facciamo, adesso, l’esempio di un lavoratore con lo stesso reddito ma che ha 20 anni nel contributivo e 10 anni nel retributivo. Alla data del pensionamento a 63 anni questo avrebbe diritto a un assegno pari a 6.480€ l’anno, circa 500€ al mese. Al compimento dei 67 anni si aggiungerebbe poi la quota calcolata con il retributivo, 4.000€ annui, 330,00€ mensili.
Pensione a 63 anni: quando conviene?
Visto quanto appena detto, ne consegue che questa misura converrebbe maggiormente a coloro che hanno solamente una piccola quota della pensione calcolata con il retributivo. In questo modo al momento in cui si va in pensione si avrebbe diritto alla maggior parte dell’assegno.
Diversamente, chi ha una quota maggiore accreditata nel retributivo dovrà accontentarsi di una piccola parte di pensione al momento della pensione, godendo poi di un maggiore incremento al compimento dei 67 anni.
Attenzione: ricordiamo che al momento questa misura è ancora ipotetica e quindi non esiste alcuna opzione che permette, alle stesse condizioni, di andare in pensione a 63 anni di età e 20 anni di contributi.
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