Il governo giallorosso sta vagliando l’ipotesi di modificare i requisti di accesso a Quota 100 per far cassa e stabilizzare l’Iva. Nascerà Quota 102? Facciamo il punto.
Quota 102 si affaccia sul tavolo tecnico giallorosso come possibile candidata alla successione di Quota 100. Ma perché la misura di pensionamento anticipato introdotta dalla Lega rischia di essere modificata, se non addirittura cancellata, nei piani del nuovo esecutivo?
Come sappiamo il tema pensioni ha infiammato il dibattito politico, sin dalla crisi estiva, ed è soprattutto su Quota 100 che si rincorrono le ipotesi di una importante modifica volta a “far cassa” sulle sue spalle in nome della stabilizzazione dell’Iva.
Ma andiamo con ordine. Quota 100 è rimasta una di quelle riforme apparentemente esclusa dagli accordi politici preso da M5S e Pd, e necessari alla nascita del nuovo governo.
E mentre Reddito di cittadinanza e Opzione Donna vivono una condizione di privilegio nel programma di governo giallorosso presentato a Conte, la misura di pensionamento del Carroccio sembra essere sempre più vicina a interpretare la parte della vittima sacrificale.
Perché? Una sola parola, Iva. Il neoministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha poco più di un mese di tempo per far quadrare i conti e se le spese sono certe, i ricavi lo sono molto meno.
Far cassa con le pensioni rimane sul tavolo tecnico giallorosso la strada da battere e, la mancanza di attenzione nei confronti di Quota 100, conferma i sospetti su chi sarà a subire i tagli in nome di una “causa più grande”.
Quota 100 ha pochi assi nella manica dato che, a dare manforte alla possibilità di modificarla, c’è anche la complessiva adesione alla riforma che ha registrato un flusso decisamente più basso di quanto stimato.
In molti hanno preferito aspettare il naturale conseguimento della pensione per arrivare a percepire un assegno maggiore. A questo si aggiunge il mancato turnover generazionale su cui la Lega aveva fatto leva per ingentilire Bruxelles.
Ipotesi, voci, indiscrezioni culminano così oggi nella concreta possibilità di modificare Quota 100 per virare verso Quota 102; se non addirittura eliminare la riforma prima della sua naturale estinzione.
Pensioni, Quota 100 o 102?
Quota 100, anzi no 102. Un’ipotesi non così tanto irrealistica tenendo conto della manovra finanziaria che dovrebbe partire da circa 23 miliardi di euro necessari a disinnescare l’Iva; restano insomma poche strade percorribili per andare a realizzare quel taglio del cuneo fiscale da 10 miliardi che il governo giallorosso si è posto come obiettivo.
Ecco spiegato perché modificare Quota 100 potrebbe essere una soluzione. La misura avrebbe un costo per il prossimo anno di 8,8 miliardi di euro ma, date le minori uscite registrate già per il 2019 (120mila contro le oltre 300mila stimate) la metà dei fondi potrebbe essere salvata.
Ma bisogna spendere meno, come? Andando per l’appunto a toccare Quota 100 e giocando sull’innalzamento dell’età anagrafica: agli attuali 62 anni si sostituirebbero i 63 o 64 anni, facendo diventare la misura bandiera del Carroccio una Quota 102 (o 101).
Quota 100, alzare i contributi?
C’è però un’altra possibilità che il tavolo tecnico del governo giallorosso sta vagliando insieme a Quota 102 ed è l’ipotesi di incrementare i contributi di Quota 100: ovvero passare da 38 a 39 anni di versamenti.
In entrambi i casi, che si opti per un innalzamento dell’età anagrafica o per l’aumento degli anni di contributi maturati, l’esborso complessivo si ridurrebbe e permetterebbe al governo di puntare sulla proroga di altre misure di salvaguardia come l’Ape social, e magari dare più margine alla già confermata Opzione Donna.
Rimane aperta però anche l’ipotesi di chiudere la sperimentazione di Quota 100 già a partire dall’anno prossimo, e quindi prima del 2021 come teoricamente previsto dai finanziamenti stanziati, proprio per andare a fare cassa e risparmiare nel tempo un costo complessivo di 45 miliardi di euro al 2028, dato da una ripresa naturale delle uscite pensionistiche.
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