Pensioni, addio alle differenze tra contributivi puri e regime misto?

Simone Micocci

08/08/2021

I sindacati si aspettano novità per le pensioni: non solo l’anticipo della data del pensionamento, ma anche l’eliminazione dei punti da cui il regime misto differisce dal contributivo puro.

Pensioni, addio alle differenze tra contributivi puri e regime misto?

Pensioni: come abbiamo già avuto modo, di raccontare nei giorni scorsi si è tenuto un importante incontro tra sindacati e Ministro del Lavoro per discutere dei punti della prossima, eventuale, riforma previdenziale.

Chi ci segue sa che abbiamo diversi dubbi rispetto alle richieste dei sindacati i quali, ricordiamo, vorrebbero che il Governo ripensasse il sistema previdenziale partendo dall’ipotesi di una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi.

Troppi i costi che una tale misura richiederebbe e non è neppure vero quanto sostengono i sindacati, ovvero che il “prezzo” del pensionamento anticipato è destinato a ridursi nel tempo visto il progressivo aumento della parte di pensione calcolata con il contributivo. Come spiegato da Sandro Gronchi - Professore di Economia Politica - nel blog LaVoce.info, infatti:

È pur vero che il coefficiente ambisce a trasformare ogni euro versato in una rendita unitaria equivalente spalmandolo sulla durata attesa cui concorrono le speranze di vita del pensionato diretto e del suo superstite. Tuttavia, l’ambizione deve fare i conti col fatto che tali speranze di vita sono sconosciute ex ante. Devono quindi essere stimate sulle comuni tavole di sopravvivenza “per contemporanei”, e quindi su tassi di sopravvivenza (capacità di sopravvivere da un’età alla successiva) osservati per coorti che precedono, anche di molti anni, quelle cui i coefficienti sono imputati. I coefficienti stessi soffrono quindi di obsolescenza che si risolve nella loro sopravvalutazione, ergo in pensioni superiori ai contributi versati. Inutile dire che l’obsolescenza pregiudica la sostenibilità del sistema contributivo, tanto più quanto più veloce è la crescita della longevità.

Non siamo però critichi su tutte le richieste avanzate dai sindacati. Questi, infatti, hanno anche fatto pressione riguardo alla necessità di eliminare alcuni dei punti per cui chi rientra nel regime misto (quindi per una parte nel retributivo e per l’altra con il contributivo) differisce dai contributivi puri. Una richiesta che, a differenza di quelle riferite alla flessibilità in uscita, riteniamo sia meritevole di essere prese in considerazione.

Pensioni contributivi puri: perché non anche a chi rientra nel regime misto?

Lo stesso Gronchi si complimenta con i sindacati per il proposito di superare le disparità tra contributivi puri (ossia coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996) e coloro che invece rientrano nel regime misto. In particolare, si è chiesto di estendere anche a chi rientra nel misto, e dunque vanta anche anni di contributi antecedenti alla data del 31 dicembre 1995, la possibilità di andare in pensione con:

  • 64 anni di età e 20 anni di contributi nel caso in cui il trattamento spettante sia pari almeno a 2,8 volte l’importo dell’assegno sociale (pensione anticipata contributiva);
  • 71 anni di età nel caso in cui gli anni di contributi accreditati siano solamente 5 (pensione di vecchiaia contributiva).

Pensioni: necessità di ridurre i requisiti economici

Inoltre, dai sindacati è arrivata la proposta - “apprezzabile” secondo il professor Gronchi - di ridurre le soglie economiche richieste per alcune opzioni di pensionamento, visto che quelle attuali vanno a penalizzare chi ha redditi medio-bassi. Appunto la soglia delle 2,8 volte l’assegno sociale per accedere alla pensione anticipata contributiva, ma anche quella di 1,5 volte lo stesso che chi rientra pienamente nel regime contributivo deve soddisfare per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni.

Soglie che tra l’altro dovrebbero essere non solo ridotte, ma anche rese universali, chiedendo dunque a tutti di soddisfarle indipendentemente da quel è il regime di riferimento.

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