Quota 100 in versione rosa per andare incontro alle lavoratrici. La proposta della fondatrice del CODS, Orietta Armiliato, però non convince la platea femminile.
Pensioni, Quota 100, e un tocco di rosa. Sono settimane infuocate con il tema pensioni al centro di un complesso dibattito politico che sembra non aver preso ancora una decisione troppo chiara o definitiva in merito alla prossima riforma del sistema pensionistico del 2020.
E mentre il governo giallorosso cerca di districare i nodi del settore previdenziale, porgendo un orecchio ai sindacati e l’altro alla manovra finanziaria, una nuova proposta nasce in tema di pensioni e donne dalla fondatrice di Comitato Opzione Donna Social (CODS), Orietta Armiliato.
La Armiliato vorrebbe lavorare su Quota 100, la misura portabandiera dell’ex governo gialloverde più volte osteggiata, soprattutto dai sindacati, perché colpevole di non aiutare tutte le categorie di lavoratori, andando a intaccare soprattutto le donne.
Come modificarla? Aggiungendo un tocco di rosa alla misura, lavorando sui requisiti di accesso che, attualmente richiedono 62 anni di età e 38 anni di contributi, e di fatto sono difficili da raggiungere per il pubblico femminile, storicamente votato a una contribuzione discontinua per far fronte agli impegni familiari e ai lavori di cura.
Pensioni, ecco la Quota 100 “rosa”
Quota 100 non è una misura per le donne, a supportare questo pensiero ci sono i dati Inps che raccontano come delle oltre 175mila domande presentate per accedere al pensionamento anticipato, solo 45mila provengono dalle lavoratrici; meno di un terzo delle richieste totali.
La fondatrice del CODS, partendo anche da questi dati, ha così proposto di modificare Quota 100 rendendola più aperta al pubblico femminile. Ma come? Con un intervento, in realtà, non troppo invadente, ovvero lasciare l’età a 62 anni e diminuire i contributi a 36 anni invece che a 38.
Una modifica quella dei requisiti contributi che la Armiliato propone “proprio in funzione dell’evidente difficoltà delle lavoratrici di raggiungere la soglia di versamenti richiesta, in virtù del riconoscimento e della valorizzazione del lavoro di cura”.
La Armiliato ha messo a sondaggio questa proposta che, forse a sorpresa ma nemmeno troppo, mostra da subito dei risultati inaspettati; lo sconto contributivo non è infatti molto gradito dalle lavoratrici che vorrebbero si lavorasse anche sulla parte anagrafica, rimasta invariata nella proposta “rosa”.
Quota 100 rosa, una buona idea?
Il sondaggio non è ancora chiuso ma la direttiva è chiara, lo sconto contributivo su Quota 100 proposto alle lavoratrici non basta.
La Armiliato fa subito presente che però una riduzione di entrambi i requisiti che costituiscono la riforma di pensionamento anticipato “non verrebbe nemmeno presa in considerazione”.
Perché? Che lo si voglia o meno i dati Istat sulla vita media della popolazione italiana aggiornati a maggio 2019, rilevano che la vita media si è andata stabilizzando sugli 84,9 anni per le donne e 80,6 per gli uomini. Insomma il requisito anagrafico sembra essere logicamente calibrato su questi parametri.
A dare manforte al mantenimento dell’età anagrafica di una possibile Quota 100 rosa ci sono anche gli studi UIL che, al 2017, calcolano l’età media con cui le lavoratrici italiane sono andate in pensione a 61 anni.
61 anno contro una media OCSE di 63 anni e 6 mesi, e contro i 63,9 anni del Regno Unito, della Germania e i 61 della Spagna. Ma la domanda, o il pensiero che forse attraversa le lavoratrici è uno; la vita media si allunga certo, ma il corpo invecchia e non c’è media che tenga, perché di questo non si tiene conto?
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