Pensioni, ipotesi nuova Quota 100: cosa cambia

Simone Micocci

14/07/2021

Pensioni: cambiare Quota 100 per garantire maggiore flessibilità in uscita. È una possibilità, ma solo prevedendo una penalizzazione a carico del lavoratore.

Pensioni, ipotesi nuova Quota 100: cosa cambia

Continua il dibattito sulla riforma delle pensioni e tra le proposte per il dopo Quota 100 spunta: Quota 100.

No non è un errore di battitura: tra le proposte sintetizzate dall’Inps nella relazione annuale (riferita al 2020) presentata nei giorni scorsi da Pasquale Tridico, infatti, figura anche una nuova forma di Quota 100, differente però da quella che ci prepariamo a salutare dal 1° gennaio 2022.

Come noto, quando si parla di Quota 100 si fa riferimento a una misura che per l’accesso alla pensione richiede che l’età anagrafica sommata agli anni di contributi dia come risultato 100. Non esiste, dunque, una sola Quota 100, in quanto dipende anche da quelli che sono i requisiti minimi per accedere alla misura.

Per Quota 100 introdotta dal primo Governo Conte per il triennio 2019-2021, ad esempio, è richiesta un’età anagrafica di almeno 62 anni, a fronte di un minimo di 38 anni di contributi. Questa - che come certificato dall’Inps non ha raccolto il successo sperato - scade il 31 dicembre 2021 (ma per il principio di cristallizzazione del diritto alla pensione si potrà comunque ricorrere a questa misura anche negli anni successivi) quando si cercherà, risorse permettendo, di sostituirla con un’altra misura di flessibilità.

E tra le proposte per il dopo Quota 100 raccolte dall’Inps c’è come anticipato un’altra Quota 100; vediamo come funziona e quanto questa costerebbe.

La nuova Quota 100 descritta dall’Inps: come funziona?

Anche la nuova Quota 100, ovviamente, permetterebbe l’accesso alla pensione una volta che l’età della pensione, sommata agli anni di contributi versati, dà come risultato 100.

Tuttavia, rispetto a quella ancora oggi in vigore ci sono delle differenze:

  • l’età minima per andare in pensione non sarebbe 62 anni, bensì 64;
  • il minimo di contributi richiesti non sarebbe di 38 anni, bensì di 36.

Con la nuova Quota 100, quindi, si potrebbe andare in pensione più tardi di due anni, ma con meno contributi. Una novità importante in quanto va a risolvere uno dei grandi problemi della “vecchia” Quota 100: il requisito dei 38 anni di contributi, infatti, è stato ritenuto esagerato per le donne, in quanto storicamente le lavoratrici hanno maggiori difficoltà a maturare più anni di contributi. Abbassando questo requisito a 36 anni, dunque, la nuova Quota 100 potrebbe essere maggiormente accessibile alle donne.

Ma rispetto a Quota 100 che ci prepariamo a salutare, questa avrebbe un’altra differenza essenziale: nel dettaglio, per coloro che decidono di approfittarne per anticipare l’uscita dal lavoro ci sarebbe una penalizzazione. Questo perché è previsto un ricalcolo contributivo dell’assegno, dal quale inevitabilmente ne consegue un taglio dell’importo.

In questo modo la misura è maggiormente sostenibile. Quanto costerebbe allora? Secondo le stime dell’Inps si parla di una spesa iniziale di 1,2 miliardi di euro, destinata a salire negli anni successivi per arrivare a 4,7 miliardi nel 2027. Un costo che tuttavia non sembra essere insostenibile per le casse dello Stato.

Perché Quota 100 non ha funzionato

Una nuova Quota 100 resta quindi una possibilità, ma non una certezza. L’unica certezza al momento è che la “vecchia” misura non ha funzionato come si sperava.

Intanto perché, come confermano i dati Inps, questa non ha favorito i più deboli. Ad accedere a Quota 100 - 180 mila uomini e 73 mila donne nel biennio 2019/2020 - sono stati perlopiù coloro con redditi medio-alti, e specialmente gli appartenenti al comparto pubblico.

Per non parlare, poi, dello scarso impatto che questa misura ha avuto sul mercato del lavoro; non ci sono evidenze, dunque, del fatto che Quota 100 avrebbe dovuto - così come aveva stimato Salvini - stimolare le assunzioni favorendo un ricambio generazionale.

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