Perché l’avanzata dei talebani riguarda anche la Cina

Violetta Silvestri

14/08/2021

Talebani a un passo da Kabul e Afghanistan vicina al fallimento: quale ruolo della Cina? Pechino non è affatto indifferente a quanto succede nella tormentata nazione. Perché i cinesi sono allarmati.

Perché l’avanzata dei talebani riguarda anche la Cina

I talebani avanzano in Afghanistan e la Cina si allarma: perché i fatti tragici che stanno accadendo nella nazione martoriata dalla guerra interessano Pechino.

La riposta può essere trovata innanzitutto in quello che è successo a fine luglio scorso, quando i rappresentanti dei talebani hanno visto Wang Yi, ministro degli esteri cinese, nella città di Tianjin, nel Nord della Cina.

Questo incontro, il più pubblico e di alto livello tra le due parti finora, sembrava mostrare che Pechino avesse mire strategiche sul grande Paese in guerra. O, piuttosto, timori per le gravi conseguenze di una irreversibile caduta dello Stato confinante nelle mani di estremisti.

Cosa c’entra, quindi, la Cina con l’avanzata dei talebani?

Perché la Cina teme l’avanzata talebana

Una serie di foto pubblicate il mese scorso dai media statali cinesi del ministro degli Esteri Wang Yi in piedi spalla a spalla con un funzionario talebano in visita, vestito con la tradizionale tunica e turbante ha sollevato diversi dubbi nel Paese.

Da allora, la macchina propagandistica cinese ha iniziato a preparare silenziosamente il suo popolo ad accettare uno scenario sempre più probabile, secondo cui Pechino potrebbe dover riconoscere i talebani, il movimento islamista dalla linea dura che sta rapidamente guadagnando terreno in Afghanistan, come un regime legittimo.

Il problema è innanzitutto di sicurezza. E di stabilità per i territori cinesi.

La Cina ha sempre giudicato con scetticismo la presenza Nato e statunitense in Afghanistan, ma il precipitoso ritiro militare americano ora risulta ben più allarmante.

La minaccia di una disgregazione drammatica del Paese è forte e Pechino, comunque, ha una frontiera comune con la nazione afghana di 76 chilometri e in collegamento con la tanto discussa e problematica provincia dello Xinjiang, dove spicca la questione degli uiguri.

Quando il 14 luglio scorso 9 ingegneri cinesi sono morti in un attentato mentre si recavano nel Nord del Pakistan, il fatto ha scosso Pechino. I taliban pachistani, jihadisti pashtun come gli afgani, sono stati i primi sospettati di aver architettato l’esplosione. E ecco, quindi, che si spiega la massima allerta della potenza asiatica verso l’avanzata talebana.

Il nodo è la sicurezza e il legame degli estremisti alla conquista di Kabul con Etim, il Movimento islamico del Turkestan orientale (i nazionalisti uiguri danno questo nome alla loro regione, che per i cinesi è Xinjiang).

L’incontro tra Cina e talebani, quindi, si inquadra in questo contesto: l’intento di Pechino è fare in modo che le forze islamiste trovino un accordo con il Governo, possano rompere i legami con al-Qaeda e il terrorismo e garantire una stabilità nel Paese.

Una missione impossibile, visto come stanno andando le cose. Ecco perché il dragone potrebbe riconoscere i talebani come forze politiche.

D’altronde, sono stati gli Stati Uniti a legittimare per primi questi estremisti islamici quando hanno inaugurato - con Trump - gli accordi di Doha nel 2020 (incontri allo stesso tavolo tra esponenti governativi afghani misti ed eterogenei e in parte contrari al Governo di Kabul e talebani, nel tentativo di trovare un’intesa politica in cambio del ritiro delle forze militari USA).

Il tutto, ovviamente, è fallito.

Interessi economici tra Cina e talebani?

Ci sono anche vantaggi economici per Pechino nel dialogo con i talebani? L’interrogativo è pertinente.

Stando alle valutazioni di alcuni analisti, l’impegno economico della Cina con l’Afghanistan è in realtà limitato: commercia di più con il Pakistan e gli stati dell’Asia centrale. “Nel complesso, gli investimenti economici della Cina in Afghanistan rimangono piccoli e ben al di sotto del loro potenziale”, secondo un rapporto del 2020 della Brookings Institution.

Vero è, comunque, che la Cina ha ripetutamente promesso di estendere il Corridoio economico Cina-Pakistan (CPEC) anche all’Afghanistan.

Inoltre, le società cinesi hanno già vinto le concessioni per il bacino petrolifero di Amu Darya e la miniera di rame di Mes Aynak. Secondo Javed Noorani, ricercatore e analista del settore minerario afgano, non ci saranno progressi nella miniera di rame fino a quando la situazione politica e di sicurezza non si sarà stabilizzata, il che potrebbe richiedere anni. E spingere Pechino a favorire la massima stabilità, anche appoggiando i talebani.

Interessi economici e strategici, quindi, tengono in allerta la Cina su quanto sta accadendo in Afghanistan. I talebani nemici o alleati in nome di stabilità e interessi? Il dilemma è cinese e non solo, considerando che finora nessuna grande potenza li ha davvero fermati.

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# Guerra

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