Perché il Fintech piace ai super ricchi (e i gestori dovrebbero averne paura)

Giulia Adonopoulos

19 Dicembre 2018 - 17:17

I milionari sono sempre più interessati ad asset alternativi come il P2P lending, che offrono rendimenti superiori rispetto a quelli delle asset class tradizionali, diversificazione e controllo del rischio.

Perché il Fintech piace ai super ricchi (e i gestori dovrebbero averne paura)

I gestori di grandi patrimoni sono avvisati: il Fintech piace ai ricconi d’Oltremanica, ma non solo. È ciò che emerge dal recente report della rivista specializzata Peer2Peer Finance News, che va a confermare un dato già noto: l’interesse per gli investimenti alternativi offerti dalla tecnofinanza da parte degli investitori più facoltosi è un trend globale che sta via via portando l’industria del wealth management a ripensare i propri modelli per non essere soppiantata da chi offre servizi innovativi e disruptive.

Perché i milionari investono in Fintech

Gli HNWI (High Net Worth Individual), ossia coloro che possiedono almeno 1 milione di euro di patrimonio personale, hanno messo gli occhi sulla finanza alternativa. Un quarto di loro alloca circa un quinto delle proprie risorse in asset alternativi come il peer to peer lending. Perché? La ragione risiederebbe nella diversificazione, nella possibilità di ottenere rendimenti superiori rispetto a quelli degli investimenti tradizionali, e nel maggior controllo del rischio. Nonostante i wealth manager tradizionali abbiano garantito agli HNWI rendimenti superiori al 20%, questi si sono dichiarati insoddisfatti della relazione con il proprio gestore, che deve essere consolidata anche “offrendo un’innovativa customer experience digitale”.

La ricerca è stata condotta su 120 clienti della società di investimenti Connection Capital e dimostra come l’interesse verso asset alternativi per la diversificazione del portafoglio sia sempre più forte nei Paperoni d’Oltremanica. E il trend sembra destinato a consolidarsi e ad estendersi visto che il retail in genere tenta di emulare i grandi investitori privati e professionali.

Un’altra ricerca effettuata prima dell’estate dalla piattaforma di investimenti Private Capitama sugli investitori più abbienti del Regno Unito ha rilevato che il 69% di questi era interessato a investire in opportunità Fintech, un settore la cui crescita continuerà nonostante Brexit.

Come confermato da Antonio Lafiosca, Chief Operating Officer di BorsadelCredito.it, portale di p2p lending specializzato nel credito alle PMI, “il 50% di chi ha investito in BorsadelCredito.it nell’ultimo anno è rappresentato da investitori con un alto patrimonio e istituzionali, che sempre più si rivolgono al P2P lending tra le asset class non tradizionali”.

Le ragioni che spingono i Paperoni verso il P2P lending sono molteplici. Questo strumento di finanzia alternativa è trasparente, protetto (il rischio è solitamente calcolato, nel caso di BorsadelCredito anche coperto da un apposito Fondo), crea valore per l’economia reale e, in ultimo, ma non per importanza, offre rendimenti competitivi. Ad esempio con BorsadelCredito.it il rendimento dell’ultimo anno si è attestato in media intorno al 5%.

Gli HNWI sono sempre di più... e più ricchi

L’ultimo World Wealth Report 2018 di Capgemini ha rivelato che la ricchezza globale degli HNWI è cresciuta sorprendentemente nel 2017, toccando per la prima volta la cifra record di 70mila miliardi di dollari. La crescita riguarda anche i milionari italiani, che tra il 2016 e il 2017 sono passati da 251.500 a 274.000 individui: numeri che fanno entrare di diritto l’Italia nella Top Ten dei paesi mondiali per numero di HNWI.

Ma di pari passo aumenta l’insoddisfazione nei confronti dei gestori tradizionali, per la gioia delle aziende Fintech e dei colossi tecnologici, che aspettano solo di poter accedere ai 100 miliardi di dollari del valore che questo patrimonio globale toccherà entro il 2025. Come fatto notare da un’indagine PwC, da qui a 20 anni il patrimonio degli odierni ultrasettantenni passerà nelle mani degli eredi, appartenenti a una generazione più avvezza alla tecnologia e aperta alle opportunità del Fintech. Ciò rischia di essere un duro colpo per i gestori dei grandi patrimoni, tra i più esposti al rischio disruption a causa del Fintech. La sfida è aperta.

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