Perché non ci sentiamo tutti Julian Assange?

Fabio Frabetti

13/04/2019

Perché non ci sentiamo tutti Julian Assange? Il suo arresto non sembra aver scatenato la consueta reazione dei paladini della libertà di stampa. Forse perché fa più comodo attaccare la sua figura piuttosto che commentare le rivelazioni di Wikileaks che contrastano con le narrazioni main stream?

Perché non ci sentiamo tutti Julian Assange?

Julian Assange è stato arrestato e nonostante il determinante contributo informativo che ha donato al mondo facendo conoscere scottanti vicende che altrimenti non sarebbero mai emerse, non è scattata quella gara di solidarietà messa in atto in passato per molto meno. Grazie a Wikileaks abbiamo appreso delle atrocità commesse nel corso delle missioni in Iraq e Afganistan, del grande fratello statunitense rappresentato dalla NSA in grado di intrufolarsi in ogni apparecchiatura informatica, per non parlare delle comunicazioni tra le ambasciate Usa ed il Dipartimento di Stato che raccontano molto della storia italiana dal dopoguerra in poi, anche le vicende legate al rapimento ed all’uccisione di Aldo Moro.
Che dire poi della divulgazione del contenuto della mail di John Podesta che guidava la campagna elettorale di Hllary Clinton: le manovre per far perdere le primarie a Sanders, i rapporti ambigui con personaggi non proprio specchiati. I paladini della libera informazione in questo caso hanno un’altra tesi: raccontano la storiella di Assange spia dei russi e dei collegamenti con i fantomatici hacker di Putin. Non potendo smentire i contenuti di Wikileaks ed i suoi clamorosi risvolti, spostano l’attenzione sulla sua figura.
La reazione dei dotti opinionisti e giornalisti del mainstream è anche comprensibile: Wikileaks, se ben analizzato, ha fatto saltare in un colpo solo gran parte del mondo fantastico descritto quotidianamente da giornali e tv. Propagandando spesso quelle fake news che si dice di voler combattere. Per questo dovremmo sentirci riconoscenti verso Assange e pretendere con forza che ne siano garantiti i diritti fondamentali ed un processo equo. Sperando che Trump, il cui successo è legato a doppio filo alle rivelazioni di Assange, possa garantire tutto questo.
Non ci metteremmo la mano sul fuoco: apparati e deep state non hanno quasi mai l’usanza della riconoscenza. Stessa cosa dicasi per le accuse in Svezia di stupro: serve un processo giusto per escludere che certe vicende non siano state costruite ad arte per eliminare un personaggio scomodo. L’unico dubbio sulla sua figura è collegato all’assenza di rivelazioni su pagine ancora oscure come l’11 settembre. Possibile che su quel fronte non avesse avuto informazioni riservate?

Arresto illegale?

In queste ore si sono sollevate parole forti anche da personalità che hanno ricoperto ruoli istituzionali di primo piano. Come Guillaume Long, ex ministro degli esteri in Ecuador, paese dove si era rifugiato Assange. Quanto accaduto, a leggere le sue parole diffuse su Facebook, fa emergere una serie di dubbi anche sulla legalità della procedura di arresto.

“La consegna di Julian Assange, trascinato dalla polizia britannica è una vergogna nazionale e un errore storico che lascerà un segno profondo sull’Ecuador per lungo tempo. L’Ecuador ha appena violato il principio del non respingimento dell’asilo, un principio fondamentale di protezione dei diritti umani sancito dal diritto internazionale. L’Ecuador ha appena violato quando stabilito dal Gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie delle Nazioni Unite.
L’Ecuador ha appena violato il parere OC-25/2019 della Corte interamericana dei diritti umani e la risoluzione MC-54-19 della IACHR del marzo 2019, che obbliga l’Ecuador a non espellere, restituire, estradare Assange dalla nostra ambasciata. Questa decisione porterà ovviamente uno strascico legale. Oltre a ciò, sarà ricordato dalle future generazioni di ecuadoriani come un atto di servilismo, viltà e degrado etico del potere politico nel nostro paese”

.
Tra gli artisti che in questi giorni si sono coraggiosamente esposti per Assange c’è stata indubbiamente Pamela Anderson che ha posto un quesito in cui non è difficile riconoscerci:

“Qualcuno è mai stato perseguito per crimini di guerra e corruzione per i fatti esposti Wikileaks? E’ più importante perseguire un giornalista che espone le informazioni avvisando i cittadini di ciò che segretamente fanno i loro governi. Wikileaks è una fonte di informazione veritiera, i risultati delle elezioni sono responsabilità del popolo, non di un singolo giornalista”.

Wikileaks così scrive di Assange in queste ore:

“Quest’uomo è un figlio, un padre, un fratello. Ha vinto decine di premi giornalistici. Dal 2010 è stato nominato per il premio Nobel per la pace. Potenti attori, tra cui la CIA, sono impegnati in uno sforzo sofisticato per delegittimarlo e imprigoinarlo.”

Argomenti

Iscriviti a Money.it