Anche il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della Cannabis per uso personale viene bocciato dalla Corte Costituzionale. Qual è il motivo?
Il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato ha ufficializzato che il referendum sulla depenalizzazione della coltivazione della Cannabis non si farà. Pochi mesi fa erano 500 mila le firme a favore del referendum sulla Cannabis, ma oggi la Corte Costituzionale definisce tale referendum come “inammissibile”.
Un duro colpo per Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Coscioni, secondo il quale le motivazioni della bocciatura da parte della Corte Costituzionale “non sussistono”.
Ma qual è il motivo per cui, dopo l’illegittimità del referendum sul fine vita, si è arrivati a un’altra bocciatura per il secondo referendum d’iniziativa popolare?
500 mila firme per il referendum sulla Cannabis
Lo scorso autunno, la raccolta firme per il referendum sulla Cannabis raggiunse una quota di 500.000 nomi, e grazie a tale cifre, c’erano grandi speranze per una votazione nella primavera del 2022.
Il referendum Cannabis fu promosso e sostenuto da:
- Associazioni Luca Coscioni;
- Meglio Legale;
- Forum Droghe;
- Società della Ragione;
- Antigone;
- +Europa;
- Possibile
- Radicali italiani.
Tale numero si deve anche alla possibilità del voto online. Questo referendum, infatti, eccelle d’importanza anche perché ha rappresentato il primo referendum in cui il voto è avvenuto tramite il sito referendumcannabis.it.
“La velocità della mobilitazione ha confermato il desiderio di cambiamento”, hanno commentato gli organizzatori. Sembrava un enorme passo in avanti e ogni elemento sembrava incoraggiare un cambiamento per il nostro Paese. Ma alla fine non ci sarà nessuna riforma.
Perché il referendum sulla Cannabis non si farà?
Il motivo di questa presa di posizione sembra derivare dal contenuto stesso esplicato nella proposta. A quanto pare, i dettagli del referendum si riferivano agli stupefacenti e non alla Cannabis. Spieghiamo meglio.
La mozione da presentare era articolata e strutturata in tre sotto quesiti e, secondo Giuliano Amato, presidente della Corte, le tabelle spiegate nei suddetti, non presentavano un progetto chiaro.
Infatti, il primo sotto quesito proponeva di eliminare la parola “coltiva” dal primo comma dell’articolo 73 del Testo unico sulle droghe, che recita:
Chiunque […] coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella 1 prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26mila a euro 260mila.
Ma la tabella 1, ha spiegato Amato, include “oppio e derivati oppiacei (morfina, eroina, metadone ecc.); foglie di coca e derivati, amfetamina e derivati amfetaminici (ecstasy e designer drugs), allucinogeni”. La tabella relativa a Cannabis e derivati è invece la numero 2.
“Un quesito che depenalizza la coltivazione rudimentale e casalinga della cannabis non avrebbe avuto alcun profilo d’incostituzionalità”, ha ammesso Amato.
Il problema, continua il Presidente, è che lui non ha il potere di cambiare il testo, di conseguenza il referendum non può avvenire.
Referendum Cannabis bocciato: le reazioni
Secondo Riccardo Magi, deputato e presidente di +Europa, questa rappresenta l’ennesima delusione. Dopo la decisione avvenuta riguardo l’eutanasia, un altro referendum sottoscritto da oltre 600mila cittadini che viene abolito, rappresenta una “sconfitta per tutti” e la prova che “promuovere i referendum, forse, è una perdita di tempo”.
Deluso anche Marco Cappato, secondo il quale si è trattato di un errore della Corte: “Non è stato letto correttamente il combinato disposto degli articoli che invece secondo noi riguarda esattamente la Cannabis”, ha dichiarato su Twitter.
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