Referendum fine vita: perché è inammissibile e cosa può succedere adesso

Giorgia Bonamoneta

15/02/2022

A che punto siamo con il Referendum Eutanasia Legale (sul fine vita)? Il 15 febbraio è arrivato e così la decisione della Corte costituzionale, che dichiara il referendum inammissibile.

Referendum fine vita: perché è inammissibile e cosa può succedere adesso

Il Referendum Eutanasia Legale è stato dichiarato inammissibile. La Corte costituzionale ha dichiarato che la riforma sul fine vita non garantirebbe la tutela necessaria “della vita umana”. Si ferma così la corsa del referendum, voluto da oltre 1 milione di persone che hanno firmato nei mesi scorsi.

Siamo nel 2022 e sono passati esattamente 13 anni dalla morte di Eluana Englaro. La morte di Englaro fu un vero e proprio caso, tutti ne parlarono, chi con toni critici, chi con empatia. La giovane, ricordiamolo, era in stato vegetativo da 17 anni (dal 1992) anche se aveva espresso alla propria famiglia, in altre occasioni, di non voler sopravvivere in quel modo.

“Quel modo”, ovvero in uno stato di accanimento terapeutico. La differenza tra tentare di salvare una vita e somministrare quanto necessario per far sopravvivere un corpo privo di vita fu alla base del dibattito. Ancora oggi, 13 anni dopo le vicende di Englaro, ci sono persone che non riescono a ottenere quanto vorrebbero, cioè la morte. E non potranno farlo, perché il referendum si è bloccato a un passo dal voto.

La scelta del singolo non dovrebbe essere sottoposta a giudizio, soprattutto per via delle condizioni di salute del soggetto. Non è paragonabile, come alcuni politici hanno tentato di raccontare, al voler morire dopo una delusione d’amore. Ma mettiamo i tasselli in ordine: cosa chiedeva il Referendum Eutanasia Legale e cosa succederà ora?

A un passo dal voto: l’inammissibilità del referendum per il fine vita

Il 15 febbraio 2022 si ferma la corsa del Referendum Eutanasia Legale. A nulla è valsa la forza di propulsione che oltre un milione di firme l’aveva spinta ad approdare alla Corte costituzionale.

Secondo quanto annunciato il motivo del blocco è relativo all’abrogazione parziale dell’art. 579. Questa infatti non permetterebbe “la tutela alla vita umana minima prevista dalla costituzione, facendo particolare riferimento ai più deboli e vulnerabili”.

Si attendono, dopo il comunicato stampa, le motivazioni dettagliate della Corte. Nel frattempo l’Associazione Luca Coscioni ha già annunciato i prossimi passi. Il motto è, dopotutto: “Per essere tutti liberi, fino alla fine”. Ecco le parole delegate alla pagina Instagram del referendum:

L’Associazione Luca Coscioni non lascerà nulla di intentato, dalle disobbedienze civili ai ricorsi giudiziari, dal corpo delle persone al cuore della politica.

Referendum Eutanasia Legale: cosa prevedeva e cosa non prevedeva

Partiamo dallo spiegare cosa non prevedeva. Lo hanno scritto proprio i portavoce del Referendum Eutanasia Legale sulla loro pagina Instagram: non prevede il fine vita per la depressione.

Spieghiamolo meglio. Bisogna tornare indietro all’intervista rilasciata ad Avvenire ( 14 gennaio 2022) da Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte costituzionale, nella quale dichiara che “se passasse il referendum ognuno potrebbe incaricare un’altra persona di togliergli la vita, anche solo per una delusione amorosa”. Ovviamente non è così. A rigor di logica, questo reato ha un nome ed è omicidio doloso.

Al contrario di quanto letto poco sopra, il Referendum Eutanasia Legale chiedeva l’abrogazione parziale dell’art. 579 del codice penale. Ecco il testo e le relative modifiche (rese esplicite con la cancellazione tramite il barrato):

Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell’articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all’omicidio [575-577] se il fatto è commesso:

- 1. Contro una persona minore degli anni diciotto;
- 2. Contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un’altra infermità o per l’abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
- 3. Contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno [613 2].

Perché serviva il Referendum Eutanasia Legale?

Ma un testo sul fine vita esiste, perché chiedere il referendum? Il referendum puntava a non discriminare determinati soggetti che richiedono il fine vita. Infatti l’attuale formulazione richiede, per poter effettuare il suicidio assistito (differente dall’eutanasia), che il soggetto sia affetto da una patologia irreversibile e che sia tenuto in vita da trattamenti si sostegno vitale, oltre ad aver esplicitamente rifiutato le cure palliative.

Qual è il problema? Ce ne sono due. Il primo è relativo alla formulazione del testo che esclude alcune tipologie di pazienti, come per esempio gli oncologici terminali, non sottoposti a trattamento di sostegno vitale, per quanto consapevoli di dover attendere la morte, magari in condizioni di sofferenza non quantificabili.

Il secondo invece è relativo al ruolo del medico. Chi riceve la richiesta del suicidio assistito è tenuto a compilare un rapporto sulle condizioni cliniche e sulle motivazioni. Solo in caso di parere favorevole verrà consentito. L’eutanasia non necessita della partecipazione attiva del soggetto che ne fa richiesta, mentre il suicidio assistito sì, perché prevede che la persona malata assuma in modo indipendente il farmaco letale.

E le cure palliative?

Il tema delle cure palliative e un altro punto critico per il dibattito. Cosa sono? Le cure palliative sono state definite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) come “un approccio che migliora la qualità della vita dei malati - e servono per - il sollievo della sofferenza [...] (e il) trattamento del dolore”.

Il Papa ne ha parlato, facendo riferimento al diritto alla vita, “la quale va accolta e non somministrata”. Il rischio di questa lettura è quello di creare dei “pazienti di scarto”, come li definisce il cardinale Luis Ladaria durante un convegno organizzato da Pro Vita & Famiglia, Euthanasia Prevention Coalition e Family Day.

“Cultura della vita” contro “cultura della morte”, ma è davvero così? A definire quanto la vita, in determinate condizioni, sia vita o mera sopravvivenza (se non addirittura vita obbligata) non dovrebbe essere nessun altro oltre al paziente, al soggetto malato. L’eutanasia legale non eliminava e non richiedeva la negazione delle cure palliative, come il suicidio assistito, perché non sono due elementi in contrapposizione.

Sulla pagina Instagram di Eutanasia Legale leggiamo:

Le cure palliative non eliminano la richiesta di eutanasia o suicidio assistito, ma operano sulla medesima tipologia di pazienti e offrono risposte diverse alla stessa richiesta di alleviare la sofferenza.

Siamo felici che la campagna per una buona legge sul fine vita aiuti a migliorare e diffondere l’accesso alle cure palliative di tutte le persone. Siamo anche convinti che la richiesta di morire anticipatamente debba essere un diritto di tutti, laddove ci si trovi in a vivere una condizione irreversibile che si preferirebbe evitare.

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# Legge

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